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mercoledì 18 luglio 2018

lunedì 16 luglio 2018

Biennale Arte 2019 - May You Live in Interesting Times



Oggi è stato reso pubblico il titolo della prossima edizione della Biennale curata da Ralph Rugoff, sarà  May You Live in Interesting Times.

La rassegna si svolgerà dall' 11 maggio al  24 novembre 2019 - la vernice sarà 8, 9 e 10 maggio.

CS

Venezia, 16 luglio 2018 – Il Presidente della Biennale di Venezia, Paolo Baratta, e il curatore della 58. Esposizione Internazionale d’Arte, Ralph Rugoff, hanno incontrato oggi la stampa a Ca’ Giustinian per presentare la Biennale Arte 2019, che si svolgerà dall’11 maggio al 24 novembre 2019 (vernice 8, 9 e 10 maggio) ai Giardini, all’Arsenale e in vari luoghi di Venezia.

La 58. Esposizione Internazionale d’Arte si intitolerà May You Live in Interesting Times, da un antico detto cinese che si riferisce a periodi di incertezza, crisi e disordini, “tempi interessanti” appunto, come quelli che stiamo vivendo.
Ralph Rugoff spiega così la sua scelta:
«In un'epoca nella quale la diffusione digitale di fake news e di "fatti alternativi" mina il dibattito politico e la fiducia su cui questo si fonda, vale la pena soffermarsi, se possibile, per rimettere in discussione i nostri punti di riferimento.»
«La 58. Esposizione Internazionale d'Arte non avrà un tema di per sé, ma metterà in evidenza un approccio generale al fare arte e una visione della funzione sociale dell'arte che includa sia il piacere che il pensiero critico.»
«Gli artisti il cui pensiero parte da questi presupposti, sanno dare significati alternativi a ciò che prendiamo come dati di fatto, proponendo modi diversi di metterli in relazione tra loro e di contestualizzarli.»
«May You Live in Interesting Times cercherà di offrire al suo pubblico un'esperienza a tutto tondo, che è propria del profondo coinvolgimento, trasporto e apprendimento creativo resi possibile dall’arte. Questo vorrà dire coinvolgere i visitatori in una serie di incontri che saranno essenzialmente ludici, perché è quando giochiamo che siamo più compiutamente "umani". Significherà anche curare gli aspetti del formato della Mostra, ove possibile, per far sì che sia in linea con il carattere dell'arte che verrà presentata.» (Vedi in allegato la dichiarazione completa)
   
Da parte sua il Presidente Paolo Baratta ha dichiarato:

«Oggi, il 16 luglio 1998, la nuova Biennale uscita dalla riforma nominava Harald Szeemann come primo curatore della nuova Biennale. La scelta fu suggerita dalla stessa storia dell’istituzione. L’Esposizione d’Arte era tradizionalmente il risultato della composizione di diverse mostre, ciascuna col suo tema e i suoi curatori. Nel 1980 una di queste sezioni fu denominata Aperto, nome che di per sé racchiudeva l’idea di un’atmosfera diversa, appunto aperta al mondo, a suo tempo curata, tra gli altri, anche da Szeemann. Non a caso la sua prima Biennale del 1999 si chiamò dAPERTutto, la cellula del 1980 diventava così la Mostra Internazionale.»
«Con l’incarico a Ralph Rugoff abbiamo voluto portare ulteriore contributo e chiarezza formale all’idea coltivata in tutti questi vent’anni sul ruolo della Biennale e, in particolare, della Mostra d’Arte.»
«Noi siamo fedeli al principio che l’istituzione deve essere una macchina del desiderio volta a tenere sempre alto e fermo il bisogno di vedere di più, di quel vedere di più nel quale ci aiuta l’arte. Ma allo stesso tempo la Biennale deve essere il luogo nel quale il singolo visitatore sia fortemente cimentato nel confrontarsi con l’opera d’arte. L’istituzione, i luoghi, le opere convocate dal Curatore, la loro dislocazione nello spazio, il clima che l’istituzione sa creare, tutto deve concorrere a costruire condizioni favorevoli perché il visitatore si senta ingaggiato di fronte alla singola opera che incontra, quasi fosse su una pedana per un incontro di scherma.» 


Dichiarazione di Ralph Rugoff - Curatore della 58. Esposizione Internazionale d’Arte
May You Live in Interesting Times

In un discorso della fine degli anni Trenta del secolo scorso, il parlamentare britannico Sir Austen Chamberlain invocò un antico anatema cinese di cui era venuto a conoscenza grazie a un diplomatico britannico di stanza in Asia, che curiosamente recitava: 'Che tu possa vivere in tempi interessanti'. "Non vi è alcun dubbio che l’imprecazione ci abbia colpito", osservò Chamberlain. "Passiamo da una crisi all'altra, in un susseguirsi di traumi e disordini."
Questa breve storia sembra oggi di un’attualità quasi sconcertante, in tempi in cui i notiziari annunciano una crisi dopo l’altra. Ma in un'epoca nella quale la diffusione digitale di fake news e di "fatti alternativi" mina il dibattito politico e la fiducia su cui questo si fonda, vale la pena soffermarsi, se possibile, per rimettere in discussione i nostri punti di riferimento. In questo esempio specifico, si dà il caso che non sia mai esistita un "antico anatema cinese", nonostante i politici occidentali lo citino nei loro discorsi da oltre un secolo. Questa espressione, pur essendo frutto dell’immaginazione, un surrogato culturale, un ennesimo "orientalismo" occidentale, ha avuto però un effetto reale nella retorica e nel dibattito pubblico. Tale artefatto di incerta natura, sospetto ma anche ricco di significati, apre a potenziali percorsi di approfondimento che vale la pena perseguire, soprattutto in questo momento storico in cui i "tempi interessanti" che invoca sembrano essere di nuovo con noi. Per questo la 58. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia prenderà il titolo da un falso anatema.
May You Live in Interesting Times includerà senza dubbio opere d'arte che riflettono sugli aspetti precari della nostra esistenza attuale, fra i quali le molte minacce alle tradizioni fondanti, alle istituzioni e alle relazioni dell'"ordine postbellico". Riconosciamo però fin da subito che l'arte non esercita le sue forze nell’ambito della politica. Per esempio, l'arte non può fermare l'avanzata dei movimenti nazionalisti e dei governi autoritari, né può alleviare il tragico destino dei profughi in tutto il pianeta (il cui numero ora corrisponde a quasi l'un percento dell'intera popolazione mondiale).
In modo indiretto, tuttavia, forse l'arte può offrire una guida che ci aiuti a vivere e pensare in questi 'tempi interessanti'. La 58. Esposizione Internazionale d'Arte non avrà un tema di per sé, ma metterà in evidenza un approccio generale al fare arte e una visione della funzione sociale dell'arte che includa sia il piacere che il pensiero critico. La Mostra si concentrerà sul lavoro di artisti che mettono in discussione le categorie di pensiero esistenti e ci aprono a una nuova lettura di oggetti e immagini, gesti e situazioni. Un'arte simile nasce dalla propensione a osservare la realtà da più punti di vista, ovvero dal tenere in considerazione nozioni apparentemente contraddittorie e incompatibili, e di
destreggiarsi fra modi diversi di interpretare il mondo che ci circonda. Gli artisti il cui pensiero parte da questi presupposti, sanno dare significati alternativi a ciò che prendiamo come dati di fatto, proponendo modi diversi di metterli in relazione tra loro e di contestualizzarli. Il loro lavoro, animato da curiosità sconfinata e intelligenza di spirito, ci spinge a guardare con sospetto a tutte le categorie, i concetti e le soggettività che sono dati per indiscutibili. Ci invita a considerare alternative e punti di vista sconosciuti, e a capire che "l'ordine" è ormai diventato presenza simultanea di diversi ordini.
May You Live in Interesting Times prenderà sul serio il potenziale dell'arte di indagare cose di cui non siamo già a conoscenza – cose che potrebbero essere off-limits, sottotraccia o inaccessibili per varie ragioni. Metterà in risalto opere d'arte che esplorano l'interconnessione fra fenomeni diversi, opere affini all'idea affermata da Leonardo da Vinci e da Vladimir Il'ič Lenin che ogni cosa è connessa con tutte le altre.
May You Live in Interesting Times nasce dalla convinzione che l'arte interessante crea forme con un carattere e una definizione particolari, che ci fanno interrogare su come definiamo i nostri confini culturali. Un'intelligente attività artistica richiede la creazione di forme che mettano in risalto ciò che le forme stesse nascondono e le funzioni alle quali ottemperano. La Mostra metterà l’accento sull’arte che sta tra le categorie, e che mette in discussione le ragioni del nostro pensare per categorie.
May You Live in Interesting Times cercherà di offrire al suo pubblico un'esperienza a tutto tondo, che è propria del profondo coinvolgimento, trasporto e apprendimento creativo resi possibile dall’arte. Questo vorrà dire coinvolgere i visitatori in una serie di incontri che saranno essenzialmente ludici, perché è quando giochiamo che siamo più compiutamente "umani". Significherà anche curare gli aspetti del formato della Mostra, ove possibile, per far sì che sia in linea con il carattere dell'arte che verrà presentata.
Infine, May You Live in Interesting Times sarà fondata sulla convinzione che la felicità umana deriva da conversazioni reali, perché in quanto animali sociali siamo spinti a creare, trovare significati e metterci in relazione l’uno con l’altro. In questa luce, la Mostra si proporrà di sottolineare l'idea che il significato delle opere d'arte non risiede tanto negli oggetti quanto nelle conversazioni – prima fra l'artista e l'opera d'arte, poi fra l'opera d'arte e il pubblico, e poi fra pubblici diversi. In fin dei conti, la Biennale Arte 2019 aspira a questo ideale: ciò che più conta in una mostra non è quello che viene esposto, ma come il pubblico possa poi servirsi dell'esperienza della mostra per guardare alla realtà quotidiana da punti di vista più ampi e con nuove energie. Una mostra dovrebbe aprire gli occhi delle persone a modi inesplorati di essere al mondo, cambiando così la loro visione di quel mondo.
Ralph Rugoff



Nota biografica Ralph Rugoff
Ralph Rugoff è direttore della Hayward Gallery di Londra dal 2006. Aperta nel 1968, la Hayward Gallery è considerata fra le gallerie d’arte pubbliche più importanti del Regno Unito. Nel 2015 Rugoff è stato il direttore artistico della XIII Biennale di Lione, dal titolo La vie moderne.
Tra il 1985 e il 2002 ha scritto di arte e critica culturale per vari periodici, riviste di arte e quotidiani, tra cui Artforum, Frieze, Parkett, il Financial Times, il Los Angeles Times, il Los Angeles Weekly; ha anche pubblicato una raccolta di saggi, Circus Americanus (1995), che esplora fenomeni culturali dell’ovest americano.
Nello stesso periodo inizia a lavorare come curatore indipendente, organizzando mostre come Just Pathetic (1990) e Scene of the Crime (1997). Già direttore del CCA Wattis Institute (2000-2006) del California College of the Arts di San Francisco, negli ultimi 11 anni ha curato numerose mostre collettive alla Hayward Gallery, tra cui The Painting of Modern Life (2007), Psycho Buildings (2008), The Alternative Guide to the Universe (2013) e The Infinite Mix (2016); ha curato inoltre importanti retrospettive e personali di Ed Ruschka, Jeremy Deller, Carsten Holler, Tracey Emin, George Condo e Andreas Gursky.



La 58. Esposizione Internazionale d’Arte presenterà, come di consueto, le Partecipazioni Nazionali con proprie mostre nei Padiglioni ai Giardini e all’Arsenale, oltre che nel centro storico di Venezia. Anche per questa edizione si prevedono selezionati Eventi Collaterali, proposti da enti e istituzioni internazionali, che allestiranno le loro esposizioni e le loro iniziative a Venezia in concomitanza con la 58. Esposizione .


Sito web ufficiale della Biennale Arte 2019: www.labiennale.org  
Hashtag ufficiali: #BiennaleArte2019 #MayYouLiveinInterestingTimes





domenica 15 luglio 2018

Lea Cheang - Taiwan


Taro's mushroom - transmediale 2017


L'artista Lea Cheang rappresenterà Taiwan 


CS

Artist Shu Lea Cheang to Represent Taiwan at 2019 Venice Biennale │ Press

Date:2018/07/12 - 2018/12/31 


Artist Shu Lea Cheang to Represent Taiwan at 2019 Venice Biennale


Taipei Fine Arts Museum (TFAM) is delighted to announce Shu Lea Cheang as the sole artist, representing Taiwan at the 58th International Art Exhibition, Venice Biennale 2019. She is the first woman artist to be selected since Taiwan began holding single-artist exhibitions at the Venice Biennale. The nominating committee was composed of a variety of professionals including independent curators, performing arts planners, artists, and art critics, affording broader room for debate and inspiration.

Taipei Fine Arts Museum director Ping Lin remarks: “The Venice Biennale is an international platform. Once every two years, we gather the Taiwanese contemporary art world together to imagine what this platform can be. In recent years Taiwanese artists and art institutions have elevated their participation in the global art community, generating a more refined and complex network of connections. For this reason, the nominating committee employed a greater level of strategic thinking, coloring their artist recommendations with stronger overtones of global strategy. Shu Lea Cheang, a pioneer of net art, not only in Taiwan but around the world, emerged as the first choice.”

Cheang remarks: “Since my net art work BRANDON (1998-1999), a trajectory charged with detours and deviations has teleported me to Palazzo delle Prigioni, Venice, where crimes and punishment are revisited in a 16th century prison setting. My growing up in Taiwan was much associated with a tightly controlled society under Taiwan's martial law (1949-1987). My return to Taiwan after decades of living abroad has exposed me to a liberated, intricate and generous new generation with whom I have only now begun to become acquainted. To be representing Taiwan in its current complex state is a tremendous task, and I am grateful to be accompanied on this venture by the visionary curator Paul B. Preciado and the dedicated VB team at the Taipei Fine Arts Museum.”

Contemporary Net Art Pioneer
Shu Lea Cheang (1954-) grew up in Taiwan and established her own distinctive perspective of art while living in the West, quickly carving out a terrain of her own in the internet world. Considering herself a “digital nomad,” her artistic footprints span Asia, Europe and North America. Her work encompasses such forms as net art installation, feature-length films, and art actions, in which she explores and rethinks the middle ground between technology and humanity in the era of globalization, repeatedly engaging in dialectic on social and political issues such as gender and body politics, ethnic and cultural diversity, history, and the environment.

The works of Shu Lea Cheang have always revolved around the nature of electronic/digital technology, emphasizing collective participation and intervention. In the 1980s Cheang was active in the production of independent videos and grass-roots television programs, as well as documenting the street demonstrations taking place at the time in New York. She also began working in video art, launching her career as an artist. In the 1990s she began to explore net art, creating installations combining computer programs and video interaction that connected virtual networks with real spaces. She also started a series of creative, performance and action projects. Her work BRANDON (1998-1999) was the first web art commissioned and collected by the Solomon R. Guggenheim Museum in New York. Since 2000 she has anchored her works in the scenario of a post-netcrash age, developing a science fiction narrative as a countervailing force amidst the chorus of optimism about the future of the internet. Cheang’s work initiates an alternative imagining of the internet beyond its essential function as digital communication technology, transforming it into an artistic medium of collective creation, and inviting viewers to enter its milieu to discuss contemporary social issues. By creating collective experiences that cross cultures and bridge the virtual and real worlds to promote the redistribution of ideas with the aim of achieving genuine social action, she manifests the concept of contemporary art as a form that spans physical boundaries in the digital age.

International Curation
To strengthen the international connections of the exhibition and open up multiple dialogues with the global art community, Taipei Fine Arts Museum and Shu Lea Cheang jointly agreed to invite the Spanish philosopher Paul B. Preciado (1970-) to serve as curator, in light of his apprehension of the creative context and the tacit understanding he has formed with the artist through long-term cooperation. Preciado earned a Ph.D. in Philosophy and Theory of Architecture from Princeton University and studied under Jacques Derrida in New York City. Preciado is today one of the leading thinkers in the fields of gender, sexuality, and body studies, following the steps of Michel Foucault and Judith Butler. He has taught at Université Paris VIII-Saint Denis and at New York University, served as Head of Research at the Museum of Contemporary Art of Barcelona, and was Curator of Public Programs for documenta 14 in 2017. With his solid reputation as academic scholar and curator, Preciado’s visionary projects dovetail with the Shu Lea Cheang’s creative background, lending the upcoming exhibition an interpretive approach able to penetrate the tension of the artworks.

Preciado states: “We are living through a moment of planetary transformation with the advent of artificial intelligence, sophisticated warfare technologies, genetic engineering, and global internet. This is a paradigm shift only comparable to the one that took place with the invention of the printing press and global colonization. The political and poetic potentiality of this moment is as big as the risks of building new forms of oppression and exclusion. We need new grammars and new images in order to forge a new subjectivity, to invent new ways of feeling and desiring. I see Shu Lea Cheang’s work as one of the most powerful creative and experimental tools to navigate this transition. Bringing together many underground traditions, from transfeminism, queer and anti-racist politics, as well as science fiction narrative, video art, and performance, Shu Lea Cheang’s work is a reflection on what it means to be free, to act freely within contemporary society. The historic halls of the Palazzo delle Prigioni Venice, the former prison of the Palazzo Ducale, are an exquisite site to think about the conditions of contemporary subjection, about the constructed limits between normalcy and deviancy, as well as to imagine new emancipatory practices.”

Further information on Shu Lea Cheang can be found at: http://mauvaiscontact.info



58th Venice Biennial Taiwan Pavilion
Exhibition period: May 11, 2019 – November 24, 2019
Venue: Palazzo delle Prigioni, Venice, Italy