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domenica 31 marzo 2019

News dal Padiglione Italia - Né altra né questa: la sfida al labirinto





Nei giorni scorsi al Mibact a Roma è stato presentato il Padiglione Italia 2019 della Biennale di Venezia, erano presenti il Ministro Bonisoli e  Milovan Farronato, curatore del padiglione che proporrà le opere di Enrico David, Chiara Fumai e Liliana Moro.

Il progetto ha delle basi molto interessanti sviluppato come un labirinto che, con due ingressi, avvierà possibili incontri, senza priorità, liberi e casuali, come un gioco di tarocchi che ogni volta può mutare storie e significati, cambiando la casualità delle carte scelte.

Il Ministero per i beni e le attività culturali investirà a 600mila euro per l'intero progetto a cui si affiancano, con 700mila euro, un gruppo di sponsor e collezionisti privati (Main .Sponsor: Gucci, FPT Industrial, Sponsor Tecnici: Gemmo, C&C-Milano, Select Aperitivo)

Via le premesse ci sono e fra due mesi si vedrà se saranno confermate.

  

CS

11 maggio – 24 novembre 2019

Roma, 27 marzo 2019 - Il progetto espositivo del Padiglione Italia alla 58. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia (11 maggio – 24 novembre 2019) è stato presentato a Roma nella sede del MiBAC dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali Alberto Bonisoli con il Presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta, il Direttore Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane e Commissario del Padiglione Italia Federica Galloni, il Curatore Milovan Farronato.

Né altra Né questa: La sfida al Labirinto è il titolo della mostra, a cura di Milovan Farronato, a cui partecipano, con lavori inediti e opere storiche, tre artisti italiani: Enrico David (Ancona, 1966), Chiara Fumai (Roma, 1978 – Bari, 2017) e Liliana Moro (Milano, 1961).

Spiega Milovan Farronato: “Venezia è un labirinto che nei secoli ha affascinato e ispirato l’immaginazione di tanti creativi, tra cui Jorge Luis Borges e Italo Calvino, i due più grandi labirintologi contemporanei a detta del matematico Pierre Rosenstiehl. Venezia, indiscusso centro cartografico del Rinascimento, viene descritta da Calvino come un luogo in cui le carte geografiche sono sempre da rifare dato che i limiti tra terra e acqua cambiano continuamente, rendendo gli spazi di questa città dominati da incertezza e variabilità. È in questo contesto dal carattere imprevedibile che emerge Né altra Né questa, una mostra in cui le opere esposte, in stretto dialogo tra di loro e con l’allestimento, generano continuamente nuovi percorsi e nuove interpretazioni, ramificati come un micelio.”

“La creatività italiana conferma la sua importanza nel panorama internazionale con il progetto del Padiglione Italia alla prossima Biennale Arte - dichiara il Ministro per i Beni e le Attività Culturali Alberto Bonisoli - che coniuga la novità della visione del curatore con la bravura degli artisti e la qualità della ricerca. L’Italia è orgogliosa del proprio passato, ma sa interpretare lo spirito dei tempi con la sperimentazione e la valorizzazione dei talenti dell’arte contemporanea”.

“Il lavoro della Direzione Generale - afferma il Direttore Generale e Commissario del Padiglione Italia Federica Galloni - è orientato alla valorizzazione e alla promozione dell’arte e dell’architettura contemporanee, in linea con quanto accade in Europa. La cultura e la creatività svolgono un ruolo determinante nella crescita dell’individuo. In questa direzione l’arte contemporanea contribuisce a migliorare la qualità della vita di tutta la comunità dei cittadini occupandosi di temi e di valori comuni in modo straordinario e anticipando rivoluzioni del pensiero e del costume che si riflettono inevitabilmente nella società.”

Il sottotitolo della mostra allude a “La sfida al labirinto”, saggio seminale di Italo Calvino del 1962, a cui Né altra Né questa si ispira. In questo testo l’autore propone un lavoro culturale aperto a tutti i linguaggi possibili e che si senta corresponsabile nella costruzione di un mondo che, avendo perso i propri punti di riferimento tradizionali, non chiede più di essere semplicemente rappresentato. Per visualizzare le ingarbugliate forme della realtà contemporanea, Calvino elabora l’efficace metafora del labirinto: un apparente intrico di linee e tendenze in realtà costruito secondo regole rigorose.

Interpretando tale linea di pensiero in chiave artistica, Ne´ altra Ne´ questa attualizza – già a partire dal suo titolo, che disorienta attraverso la figura retorica dell’anastrofe – un progetto artistico di “sfida al labirinto” in cui si comprende la lezione di Calvino, mettendo in scena un percorso espositivo non lineare e non riducibile ad un insieme di traiettorie pulite e prevedibili. Molteplici e generosi sono i percorsi e le interpretazioni offerti allo spettatore, a cui la mostra affida la possibilità di assumere un ruolo attivo nel determinare il proprio itinerario e mettersi così a confronto con l’esito delle proprie scelte, contemplando il dubbio e l’indeterminatezza come parti ineludibili della conoscenza.

“L’impegno curatoriale di quest’anno – sottolinea il Presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta - mi sembra evidente e già costituisce motivo di interesse; gli artisti presenti sono davvero degni della nostra attenzione. L’idea del labirinto, che può condurre per varie vie e interruzioni di percorsi alla difficile ricerca di una via di uscita, ben si affianca all’idea di una Biennale nella quale si offrono a chi la percorre una miriade di occasioni, di porte aperte e di luoghi del desiderio, tutti affascinanti e disorientanti a un tempo, nei quali perdersi non è il peggiore dei peccati.”

Il calendario degli appuntamenti culturali prevede un ciclo di talk a cui partecipano gli artisti Enrico David e Liliana Moro e il Prof. Marco Pasi. Alla film-maker Anna Franceschini è affidata la documentazione della mostra, realizzata come film corto sperimentale con il titolo Bustrofedico, che verrà presentato a Venezia a fine mostra, prodotto da In Between Art Film e Gluck50.

Nell’ambito della mostra verrà inoltre realizzato un programma di attività educative rivolto ai giovani studenti delle accademie e delle scuole di ballo, promosso dalla Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane del MiBAC, che si articolerà in un ciclo di appuntamenti, curati da Milovan Farronato, Stella Bottai e Lavinia Filippi, ospitati all’interno del Padiglione.



COMUNICATO STAMPA

Il Padiglione Italia è stato realizzato anche grazie al sostegno di Gucci e FPT Industrial, main sponsor della mostra, e al contributo del main donor Nicoletta Fiorucci Russo. Uno speciale ringraziamento anche a tutti gli altri donor, i cui nomi appaiono nel colophon, che hanno dato al progetto un contributo fondamentale; grazie anche agli sponsor tecnici Gemmo, C&C-Milano che hanno generosamente contribuito con le loro forniture e a Select Aperitivo.

Il Padiglione Italia verrà inaugurato in occasione della vernice della 58. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia 2019 (8, 9 e 10 maggio). L’apertura al pubblico è prevista da sabato 11 maggio a domenica 24 novembre 2019.


Testo curatoriale di Milovan Farronato

Enrico David, Chiara Fumai, Liliana Moro

Né altra Né questa: La sfida al Labirinto è un progetto che cerca di dare forma all’intricata complessità dei rapporti che definiscono l’esperienza del conoscere. Avvalendosi della struttura fisica e metaforica del labirinto, la mostra mette in scena l’impossibilità di ridurre l’esistenza a un insieme di traiettorie pulite e prevedibili, cercando piuttosto di evocare la non-linearità, il dubbio, la transitorietà e l’intuizione come strumenti ineludibili del sapere umano.

Uno dei concetti chiave di Né altra Né questa, maturato insieme al coordinatore scientifico Stella Bottai, è l’idea della “sfida al labirinto” formulata dal romanziere e critico Italo Calvino nell’omonimo saggio del 1962, tradotto per la prima volta in inglese nel catalogo della nostra mostra. Ne “La sfida al labirinto”, lo scrittore elabora i termini di un progetto culturale che cerca una letteratura aperta “a tutti i linguaggi possibili”. In risposta alle complessità della cultura industriale, Calvino propone un lavoro intellettuale che si senta corresponsabile nella costruzione di un mondo che ha perso i propri punti di riferimento tradizionali e non chiede più di essere semplicemente rappresentato. Per visualizzare le ingarbugliate forme della contemporaneità, Calvino suggerisce così l’efficace metafora, cara anche a Jorge Luis Borges, del labirinto: un intrico di linee, immagini, tendenze apparentemente in disaccordo, in realtà costruito secondo regole rigorose. “È la sfida al labirinto che vogliamo salvare, è una letteratura della sfida al labirinto che vogliamo enucleare e distinguere dalla letteratura della resa al labirinto”.

Ogni spazio e`, di regola, identificato dalla sua funzione pratica o simbolica: in chiesa o in un salotto, il nostro sguardo, le nostre azioni e il nostro cammino vengono orientati con dolcezza o severita`, con urgenza o calma, con evidenza o garbato mistero. E appunto in quanto spazio, anche il labirinto non sfugge a una teleologia spaziale, anzi, ne e` forse la piu` premeditata delle manifestazioni: il suo determinismo progettuale e` schiacciante. Dal labirinto, una volta entrati, si deve uscire. Nessun’altra azione e` concessa se non il tentativo di andare verso una scappatoia, una fuga. Nella sua ‘sfida’, tuttavia, Calvino non è alla ricerca di una risoluzione; piuttosto si interroga su come poter vivere dall’interno in maniera attiva l’esperienza del labirinto esistenziale.

L’essenza labirintica non e` altro che costante differimento: la continua diversione del fine ultimo di questo spazio dell’immaginazione e` il suo eterno presente, il suo esserci. Spazio-ossimoro per eccellenza, fa della contraddizione la sua regola organizzativa. Come se ogni angolo fosse un continuo “no! no! no!”, che invece di far avvicinare alla meta la fa progressivamente dimenticare. E solo nella dimenticanza di cio` che sembra essenziale, urgente, capitale, si trova la liberta`. Liberi dall’ideologia dell’arrivo si puo` cominciare a danzare in tondo, a seguire con piacere le deviazioni, fino a trovar quasi la curva nella retta, o la retta nella curva, negli atomi infiniti dello spazio finalmente dilatato che si fa tempo in purezza, dimentichi del fardello della nostra umanita`, o forse pienamente umani.

Gli artisti coinvolti sono Enrico David (Ancona, 1966), Chiara Fumai (Roma, 1978 – Bari, 2017) e Liliana Moro (Milano, 1961). Sebbene molto diversi, le loro opere e biografie – su cui mi soffermerò a breve – sono significativi percorsi artistici contemporanei che si distinguono per spirito di ricerca tra passato e presente. Nel labirinto di Ne´ altra Ne´ questa, che abbiamo disegnato insieme a Liliana ed Enrico, con la compagnia astrale di Chiara e con l’attento contributo progettuale dell’exhibition designer Valerio Di Lucente, coesistono diversi centri, e non in perfetto asse. Stanze di varia misura, pareti di diverse altezze, aperture e passaggi accessibili e non attraversano le due stanze del padiglione rendendole di fatto uno spazio concettualmente unico. Le opere esposte in stretto dialogo con l’allestimento ne rivelano la natura rizomatica, penetrano e attraversano le pareti, a generare continuamente nuove vie. Nel nostro labirinto, per citare Umberto Eco, “anche le scelte sbagliate producono soluzioni e tuttavia contribuiscono a complicare il problema”.

Le opere d’arte sono collocate strategicamente in diversi punti del percorso con l’intento di mettere in relazione diretta le tre pratiche artistiche e insieme di enfatizzare meccanismi di drammaticità e sorpresa nell’incontro tra l’opera e il pubblico. Allo spettatore si affida la possibilità di prendere decisioni e orientare il proprio percorso in una direzione piuttosto che in un’altra, creando molteplici narrative percorribili sul modello del meccanismo del libro-gioco (o libro-game), caro anche allo stesso Calvino, il cui Castello dei Destini Incrociati (1969) è esempio di letteratura combinatoria in cui le storie nascono da “un numero finito di elementi le cui combinazioni si moltiplicano”.

L’attivazione del ruolo dello spettatore come partecipante chiave nella creazione di un senso per la mostra è tratto fondamentale del progetto. L’esplorazione di un labirinto non è, in fondo, altro che una messa a confronto tra l’individuo e l’esito delle proprie scelte. Il titolo della mostra, Ne´ altra ne´ questa, che in inglese abbiamo scelto di tradurre con Neither Nor, riecheggia un titolo del filosofo danese Søren Kierkegaard: Aut-Aut (1843), in inglese Either/Or. L’opera, che si interroga sulle modalita` dell’esistenza, esplora, attraverso gli scritti e i pensieri di due personaggi immaginari, altrettante possibilita`: una e` la vita estetica, edonistica, improntata al piacere, l’altra invece e` quella etica, che si basa sulla responsabilita` e il rispetto degli altri. Resta ancora oggi in dubbio quale sia davvero la strada consigliata dall’autore, il quale descrive con cosi` tanto coinvolgimento e passione la via edonistica da non sembrare pronto a rinunciarvi completamente. L’attesa del piacere e` essa stessa il piacere, come sosteneva Gotthold Ephraim Lessing?

In attesa di scoprirlo e di fronte alla decisione di avventurarsi o meno nel nostro labirinto, vi lascio con alcune avvertenze d’uso, consigli per la navigazione o per l’eventuale naufragio: indugiare e non avere paura. Non esiste il perdersi, ma solo il tornare sui propri passi, ed e` legittimo: regredire non significa peggiorare. Godete il senso di un tempo dilatato e non abbiate ansia di dover vedere e leggere tutto. Ogni strada si ricongiunge a un’altra, ogni scelta e` giusta, non ne esiste una sbagliata. Lo spazio e` generoso, offre ossigeno, non e` soffocante: si apre, non si chiude. Forse a un certo punto potreste persino trovare voi stessi, come afferma Mario Praz: “Sovente l’uomo vi trova se medesimo, ecco perché in fondo al labirinto di frequente e` collocato uno specchio: l’ultimo mistero della ricerca, dio nascosto o mostro, e` lui stesso”. Se sarete piu` fortunati, invece, da una breccia nel muro o sotto l’orlo di un tendaggio che non tocca il pavimento potreste addirittura incontrare qualcun altro che vi distragga, per un momento, da voi stessi e vi faccia ancora una volta cambiar strada, distogliendovi dalla ricerca infinita di assoluti introvabili, finalmente interrotta da un affetto improvviso o da una simpatia spontanea, trovati dietro un angolo o nel lampo di un riflesso.


 ENRICO DAVID

Dopo aver partecipato due volte all’Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia – con Francesco Bonami nel 2003 e Massimiliano Gioni nel 2013 – Enrico David (Ancona, 1966) rappresenta l’Italia per la prima volta quest’anno. La sua pratica artistica ha un legame stretto con la memoria e con il passato, sia nei contenuti sia nella forma. Attraverso le sue opere David mette in scena ricordi personali e collettivi, esprimendo una vasta gamma di stati emotivi e recuperando tecniche tradizionali. Il suo lavoro riflette un bagaglio culturale dai tratti italiani sia nei riferimenti estetici e storico-artistici sia nella scelta di alcuni materiali tipici della manifattura artigianale. Tuttavia il suo immaginario è ricco di suggestioni maturate nel corso degli anni, a partire dalla formazione avvenuta prevalentemente a Londra, dove ancora oggi risiede. La figura umana è uno dei temi ricorrenti di David, che la elabora e la restituisce come testimonianza di continue trasformazioni, attraverso diversi mezzi espressivi tra cui la scultura, la pittura, il disegno, la tessitura di arazzi e l’installazione. Le sue figure antropomorfe asessuate e le sue configurazioni nascono da intuizioni ed evolvono in un processo di sintesi inclusiva che travalica i confini individuali e diventa traccia riconoscibile e condivisibile collettivamente. Le immagini che popolano il mondo plastico e pittorico di Enrico sono rassegnate, sbottonate, contorte, grottesche, claudicanti, a volte mostruose e armate di strumenti a noi incomprensibili, che talvolta si sdoppiano e si ripetono tanto da formare labirinti contenutistici e formali.

Congiuntamente alla presentazione di alcune opere storiche, che verranno rivisitate e aggiornate per Venezia, la selezione dei lavori esposti si concentra su nuove produzioni. Da figure antropomorfe a scala naturale in bronzo a piccoli oggetti e dipinti, tutte queste opere sono concepite da David specificatamente per questo itinerario espositivo. David inoltre risponde direttamente, con una scultura, a un intervento di Chiara Fumai.

 CHIARA FUMAI

Scomparsa a soli 39 anni nell’agosto 2017, Chiara Fumai è stata un’importante artista ammirata sia in Italia che all’estero per aver sviluppato una dedicata rilettura in chiave
femminista del canone storico occidentale da sempre improntato su valori di dominazione patriarcale. Sebbene cessata prematuramente, la sua carriera ha avuto un’influenza
profonda sulle generazioni successive, visibile soprattutto in questi ultimi anni di riacceso e diffuso interesse verso pratiche magiche e culti profani in relazione al discorso femminista. Con il suo lavoro, Fumai ha portato avanti un’indagine rigorosa, dai toni personali, passionali e non accademici, focalizzata su avvenimenti e personaggi storici, reali e fittizi, rappresentativi della marginalizzazione subita dalle donne nel corso dei secoli in varie situazioni e contesti dalla cultura alla religione e la politica. La sua ricerca, non solo critica ma anche, sempre, profondamente propositiva, si attualizzava nel presente soprattutto attraverso lavori performativi, spesso in formato di lezione, messi in scena dall’artista stessa. Con i suoi collages, ambienti e impersonazioni, Fumai riportava alla luce e ridava voce a figure di opposizione alla cultura dominante, come le femministe Carla Lonzi e Valerie Solanas, la medium Eusapia Palladino, la dogaressa Elisabetta Querini Valier, e altre donne ancora, spesso dimenticate, marginalizzate, o villipese come la circense Zalumma Agra. L’uso della parola - scritta, pronunciata, ricamata, talvolta codificata in sigilli magici – era chiave per Fumai: dalla minaccia all’apologia, dall’augurio al sortilegio, la valenza simbolica e rappresentativa del verbo diventava strumento essenziale per l’annunciazione, emancipazione e realizzazione pratica di un modus operandi alternativo all’oppressione patriarcale. Per il Padiglione Italia, verrà presentata in esclusiva e anteprima assoluta una nuova produzione di Fumai. Questo lavoro, inedito, sarà accompagnato da opere del passato selezionate con il prezioso aiuto di The Church of Chiara Fumai,
organizzazione di cui sono tra i fondatori, presieduta dalla madre di Chiara, Liliana Fumai, e diretta da Francesco Urbano Ragazzi.

 LILIANA MORO

Invitata a partecipare alla nona edizione di Documenta del 1992, Liliana Moro propose di installare una Fiat Cinquecento che, perennemente in moto, tentasse invano di trainare con un cavo la pesante struttura del Fredericianum – sede della mostra in cui erano esposte le opere dei maggiori rappresentanti dell’Arte Povera. Seppur non realizzato, il progetto vive oggi in forma di collage e rimane rappresentativo dell’attitudine di quest’artista nei confronti del passato: il lavoro di Liliana Moro si prende carico della storia e di portarla oltre. Un’operazione che, a detta dell’artista stessa, si avvale proprio di quella “sottrazione di peso” stilistica celebrata da Calvino nella prima delle sue Lezioni Americane, La Leggerezza
(1985).

Lavorando con diversi materiali e in diversa scala, Liliana Moro ha attitudine all’essenzialità. Da non confondersi con uno stile minimal, il suo fare netto e preciso porta alla creazione di gesti apparentemente semplici che, proprio in quanto tali, si aprono a una miriade di interpretazioni diverse. Poetica ma non romantica, Moro mette in gioco contenuti e oggetti d’uso comune non tanto per illustrarli quanto per rivisitare la loro funzione originale e invitarci ad andare oltre ciò che è visibile. Un importante filo conduttore nella sua ricerca è l’uso dello spazio nelle sue declinazioni formali, concettuali e semantiche: per esempio attraverso interventi nello spazio pubblico, o con l’alterazione dei rapporti di scala tra oggetti, per arrivare alla spazialità intrinseca a molte sue opere, che spesso instaurano meccanismi di relazione con lo spettatore tali per cui un’azione attiva, come l’abbassarsi o il salire, diventa implicitamente necessaria all’esperienza.

Per il Padiglione Italia verranno presentate alcune opere storiche accanto a nuove produzioni, comprendenti non solo nuove commissioni ma anche lavori esistenti e mai esposti, accumulati dall’artista nel proprio studio nel corso degli anni. Questa costellazione mette insieme i momenti fondativi della ricerca dell’artista e del suo sviluppo, dando visibilità alla viscerale coerenza nell’arco di un lungo tempo del suo iter.

Milovan Farronato

Curatore del Padiglione Italia


Il Padiglione della Ricerca # 3 a Venezia





Anche quest’anno si svolgerà il “Padiglione di ricerca n. 3” ideato dall’Uniarts Helsinki, con la collaborazione della Fondazione Louise e Göran Ehrnrooth, Aalto University, Valand Academy of Arts all'Università di Göteborg, Università di Arti Applicate di Vienna e Interlab Hongik University Seoul.

Gli incontri si svolgeranno da Maggio a Luglio presso il monastero della Sala del Camino in Campo S. Cosmo, alla Giudecca, (Fermata del vaporetto: Palanca).



venerdì 29 marzo 2019

BURRI la pittura, irriducibile presenza


BURRI la pittura, irriducibile presen

Alberto Burri: Rosso Nero 1953 - collezione privata Milano
La Fondazione Giorgio Cini inaugurerà un’importante retrospettiva antologica dedicata ad Alberto Burri, a coronamento di una stagione di grandi celebrazioni internazionali per l’artista umbro. La mostra è organizzata con Fondazione Burri, in collaborazione con Tornabuoni Art e Paola Sapone MCIA
L’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia presenterà dal 10 maggio al 28 luglio 2019 BURRI la pittura, irriducibile presenza, ampia e importante retrospettiva antologica dedicata ad Alberto Burri, a coronamento di una stagione di grande celebrazione dell’artista umbro sia in Italia che all’estero.
La mostra, curata da Bruno Corà, Presidente della Fondazione Burri, e organizzata dalla Fondazione Giorgio Cini e dalla Fondazione Burri in collaborazione con Tornabuoni Art e Paola Sapone MCIA, è un progetto concepito appositamente per Venezia che ripercorre cronologicamente le più significative tappe del percorso del Maestro della ‘materia’ attraverso molti dei suoi più importanti capolavori. Dai rarissimi Catrami (1948) agli ultimi e monumentali Cellotex (1994), BURRI la pittura, irriducibile presenza con circa 50 opere provenienti da importanti musei italiani e stranieri, dalla Fondazione Burri e da prestigiose collezioni private, ricostruisce nella sua interezza la parabola storica di uno dei più grandi protagonisti dell’arte italiana ed europea del XX secolo e riporta Burri a Venezia dopo la memorabile personale che nel 1983 vide protagoniste 18 opere del ciclo Sestante nel suggestivo edificio degli ex Cantieri Navali alla Giudecca, segnando una tappa fondamentale nella carriera dell’artista.
Il percorso espositivo offrirà al visitatore l’opportunità unica di ammirare una selezione inedita di opere che rappresentano tutti i più famosi cicli realizzati da Burri: dai primi e rari Catrami (1948) e dalle Muffe (1948), presentati in stretto confronto con gli iconici Sacchi (1949-50), ai Gobbi (1950), per arrivare alle affascinanti Combustioni (1953), i Legni (1955), i Ferri (1958), le contorte Plastiche (1960) e l’evoluzione straordinaria dei Cretti (1970), divenuti uno dei temi di ricerca più iconici di Burri, fino ai grandi Cellotex, realizzati fino a metà degli anni Novanta. La mostra veneziana – il cui titolo si rifà alla celebre definizione data dallo stesso artista alla sua opera, e alla difficoltà di tradurla in parole – offrirà così una lettura penetrante del modo in cui questo pioniere della nuova pittura del secondo Novecento ha affrontato il tema centrale del suo tempo: quello dell’utilizzo e della trasformazione della materia in opera d’arte.
“Dopo un quarto di secolo dalla sua scomparsa, avvenuta nel 1995, la mostra pone in evidenza la trasformazione recata da Burri nell’arte del XX secolo – spiega Corà – Non è improprio paragonare l’innovazione linguistica introdotta da Burri con la ‘presentazione’ sistematica della materia reale al posto della mimesi rappresentativa, alla rivoluzione giottesca compiuta nel sostituire ai cieli d’oro della pittura medioevale il celeste che si poteva osservare in natura. In entrambe le innovazioni veniva introdotto il ‘vero’ nella pittura al posto della finzione imitativa di esso. Lo shock prodotto da Burri negli anni dell’immediato dopoguerra – continua il curatore – si può misurare solo con l’effetto ottenuto in tutto l’arco di esperienze artistiche da lui influenzate: dal New Dada di Rauschenberg, Jonhs e Dine, al Nouveau Réalisme di Klein, César, Arman e Rotella, dall’Arte Povera di Pistoletto, Kounellis, Pascali e Calzolari all’arte processuale e fino al neominimalismo a base monocroma”.
Nella mostra alla Fondazione Cini saranno ricostruiti alcuni fondamentali passaggi della pittura di Burri quale caposcuola della pittura materica: verranno ad esempio riuniti per l’occasione tre grandi Sacchi del 1952, larghi 2,5 metri ciascuno, che Rauschenberg ebbe l’occasione di osservare l’anno successivo durante la preparazione della propria mostra alla Galleria dell’Obelisco di Gaspero Dal Corso e Irene Brin dal titolo Scatole e feticci, in occasione di una visita compiuta nello studio di Burri, e che lo impressionarono così fortemente da indurlo a cambiare lavoro, giungendo nel 1954 a dipingere i Combine Paintings sotto l’evidente influsso burriano. In esposizione ci sarà anche un nucleo rilevante di Plastiche e un monumentale Cellotex del 1979 di quasi 3 metri per 4.
BURRI la pittura, irriducibile presenza porta inoltre a compimento un percorso di riconoscimenti internazionali che negli ultimi anni ha ulteriormente affermato la grande attualità dell’opera di Alberto Burri, confermandolo tra i grandi maestri dell’arte italiana del Novecento: nel 2015 in occasione delle celebrazioni del Centenario della nascita dell’artista il Solomon R. Guggenheim Museum di New York ha dedicato a Burri una retrospettiva antologica, così come la Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen K21 Ständehaus di Düsseldorf, a cui si sono aggiunte manifestazioni in numerose istituzioni italiane, tra cui la grande mostra nella sede della Fondazione Burri a Città di Castello (Perugia) a fine 2016.
La lettura della carriera di Burri sarà resa organica dalla presenza di una sezione documentaria multimediale dell’intera attività dell’artista, in cui sarà possibile vedere anche alcuni rari film che lo ritraggono in azione. Il catalogo bilingue (italiano-inglese), introdotto da un saggio critico del curatore Bruno Corà, Presidente della Fondazione Burri, e di Luca Massimo Barbero, Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini, conterrà il repertorio di tutte le immagini delle opere e offrirà così rinnovati strumenti di conoscenza del lavoro e del profilo dell’artista stesso, anche grazie a una sezione bibliografica interamente aggiornata. L’allestimento è realizzato da Archea Associati.

giovedì 28 marzo 2019

News dal Padiglione Israele






Field Hospital X (FHX) è una nuova istituzione internazionale itinerante, fondata dall'artista Aya Ben Ron. E' una organizzazione unica nel suo genere, impegnata nell'indagare il modo in cui l'arte può reagire e agire di fronte ai mali e ai valori corrotti della società. Traendo spunto e insegnamento dalla struttura organizzativa e dalle professioni svolte negli ospedali, dalle organizzazioni di assistenza sanitaria e dalle cliniche di riabilitazione, FHX offre un luogo nel quale le voci silenziose possono essere udite e le ingiustizie sociali rese visibili. 

FHX è stato pensato con l'intento di creare uno spazio protetto dove proiettare No Body, opera video di Aya Ben Ron sul tema dell'abuso in famiglia, che racconta la sua storia personale dopo molti anni di silenzio. L'artista ha voluto creare un luogo in cui le persone potessero osservare e ascoltare la sua, così come anche altre storie che hanno bisogno di essere sentite. 

Quando i visitatori entrano in FHX prendono un numero e aspettano in coda di essere chiamati all'accettazione. Durante l'attesa possono guardare il programma televisivo FHX un'opera video di Aya Ben Ron che fornisce informazioni sull'idea che sta alla base del concept dell'ospedale, sulle sue Care-Area, reparti dedicati alle cure e sui Care-Kits. 
Una volta che il numero viene chiamato, i visitatori accedono alle Care- Area ed ai servizi di FHX: il Safe-Unit, una cabina nella quale i visitatori possono imparare ad emettere un Urlo in uno spazio appartato (Self-Contained Shout); e Care-Chairs, postazioni /dispositivi che consistono in uno schermo singolo e in cuffie in dotazione ad ogni ''paziente'', per creare così le condizioni necessarie ad una visione individuale dei Care-Kit forniti da FHX.

Ogni Care-Kit contiene un'opera video di un artista invitato a raccontare la propria storia personale che rivela un'ingiustizia sociale. In ciascun Care-Kit, al video contenuto seguono due Secondi-Pareri (Second-Opinions). I Secondi-Pareri sono brevi risposte di esperti che provengono da ambiti diversi per quanto riguarda la conoscenza e l'educazione come, tra gli altri: Filosofia, Legge, Medicina, Psicoanalisi, Istruzione e Antropologia. Attraverso l'esperienza dei Secondi-Pareri, i visitatori di FHX si possono aprire verso una nuova prospettiva, ottenere ulteriori informazioni e ascoltare un diverso punto di vista rispetto a ciò che hanno appena visto.

FHX mette a disposizione in questo primo appuntamento quattro Care-Kit che includono l’opera No Body di Aya Ben Ron. Oltre a questo video, i kit contengono: Habit video che narra la resistenza personale di un anonimo artista palestinese nei confronti dell'occupazione israeliana; Block of Clay di Roey Victoria Heifetz e Zohar Melinek-Ezra, un'opera che mette a confronto identità di genere e alienazione dal corpo; e Institutional Abduction di Idit Avrahami, un racconto del sequestro di persona istituzionalizzato e della scomparsa forzata di migliaia di neonati e bambini appartenenti a famiglie di migranti yemeniti, mizrahi e balcanici, in Israele negli anni 50.
Field Hospital X è stato creato dall'artista Aya Ben Ron, che ne è anche la fondatrice e Direttrice, e sviluppato insieme al curatore Avi Lubin e al produttore Miki Gov. L’ospedale è presentato per la prima volta al Padiglione di Israele alla 58. Esposizione Internazionale d'Arte- La Biennale di Venezia, e successivamente continuerà a viaggiare in diversi luoghi nel mondo, per svilupparsi e crescere durante il viaggio. Nelle sedi future in cui sarà FHX ospitato contribuirà a sostenere e produrre ulteriori Care-Kits con nuovi artisti locali ed internazionali invitati a partecipare.



Aya Ben Ron - ideatrice, direttrice, artista

Artista multidisciplinare, docente all'Università di Haifa e del Hadassah Academic College di Gerusalemme (Israele). Il suo lavoro che si articola in progetti site specific, installazioni, documentari e film, include anche collaborazioni con istituzioni mediche e ospedaliere.

Avi Lubin - curatore

Curatore indipendente e scrittore di arte contemporanea, è il curatore di Hamidrasha Gallery - Hayarkon 19 e fondatore co-editore di Tohu Magazine, rivista di arte online in tre lingue (ebraico, arabo e inglese). Dal 2014 al 2019 è stato responsabile degli studi teoretici del Programma di Specializzazione in Arti Figurative Post Lauream della Facoltà di Arte - Hamidrasha del Beit Berl College.

Miki Gov - produttore

Produttore di opere d'arte performativa e visiva, ha realizzato numerosi eventi nel campo della musica, della danza, del teatro, delle arti visive e per la televisione. Inoltre Gov ha avviato, organizzato e gestito tour internazionali di gruppi di danza e di musicisti. 


Padiglione di Israele
58. Esposizione Internazionale d'Arte  La Biennale di Venezia
Giardini della Biennale  Venezia 

Instagram @fieldhospitalX



Organizzatori
Ministero della Cultura e dello Sport di Israele – Dipartimento Musei e Arti Visive 
Ministero degli Affari Esteri di Israele – Divisione per gli Affari Culturali e Scientifici
Ambasciata di Israele, Roma

Gli sponsor della 58. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia



Abbiamo passato in rassegna molti aspetti della Biennale vediamo anche quello delle sponsorizzazioni, che aiutano l'ente a poter realizzare questo grande evento internazionale.

Infatti la 58. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia si realizza anche grazie al generoso supporto e all'impegno di un qualificato gruppo di aziende di elevato prestigio internazionale che, per storia della manifestazione, centralità che ricopre nel mondo dell’arte e delle produzioni culturali in genere, qualità del pubblico e degli operatori presenti nonché risonanza mediatica internazionale, considerano Biennale Arte non solo un appuntamento di livello nel panorama mondiale, ma anche uno strumento da utilizzare con profitto per ricavare significativi vantaggi in termini di immagine, posizionamento e visibilità. 

La Biennale di Venezia intende ringraziare gli sponsor non solo per l'apporto economico ma anche per l'altrettanto fondamentale contributo operativo allo sviluppo del variegato insieme di attività che rendono possibile l'organizzazione e la fruizione dell’Esposizione. 



Il Partner della 58. Esposizione Internazionale d’Arte è Swatch 

 Swatch è Partner della 58. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. La casa di orologeria svizzera rinnova il suo sostegno alla manifestazione, iniziato nel 2011, confermando ancora una volta l'impegno del brand nella promozione dell'arte contemporanea. 

Swatch parteciperà alla Biennale Arte 2019 con due spazi, uno ai Giardini e l’altro all’Arsenale. Il palcoscenico internazionale di Biennale Arte mostrerà a tutti l’impegno e la passione di Swatch nei confronti di artisti affermati ed emergenti dell’arte contemporanea. Tramite un ponte virtuale tra Oriente ed Occidente, Swatch porterà ancora una volta lo Swatch Art Peace Hotel a Venezia nelle Sale d’Armi dell’Arsenale riproponendo il tema Faces&Traces. Il padiglione Swatch ai Giardini ospiterà invece un solo artista con le sue opere e l’orologio Swatch Art Special. 



Main Sponsor della 58.Esposizione Internazionale d’Arte è illycaffè 

 illycaffè è Main Sponsor della 58. Esposizione Internazionale d’Arte. Da molte edizioni presente tra le aziende che sostengono la manifestazione, illy rinnova e accresce la storica collaborazione con Biennale Arte, mettendo in scena un dialogo creativo tra un artista selezionato dal curatore Ralph Rugoff e uno chef stellato selezionato dalla Guida Michelin, che daranno vita a una serie di cene uniche messe in vendita al pubblico nel circuito online di Michelin. Durante tutto il periodo di apertura dell’Esposizione, inoltre, i visitatori troveranno il caffè illy nei bar dell’Arsenale e dei Giardini e, nelle giornate di vernissage, anche nei corner appositamente allestiti nelle due sedi di mostra. La collaborazione sarà contraddistinta dalla produzione di una tazzina che ricalcherà la grafica dell’Esposizione. 



Sono Sponsor della 58. Esposizione Internazionale d’Arte JTI (Japan Tobacco International), Artemide, Vela – VeneziaUnica e Seguso Vetri d’Arte 

JTI (Japan Tobacco International) rinnova per l’ottavo anno consecutivo il sostegno alla Biennale di Venezia relativamente ai settori Arte e Architettura. Al centro della collaborazione si conferma il “Progetto Accessibilità”, volto ad avvicinare anche persone che solitamente hanno meno  opportunità di fruire di mostre ed eventi culturali, grazie ad un programma rivolto a centri di sostegno, case di accoglienza e comunità terapeutiche, che prevede percorsi dedicati con visite  guidate e laboratori gratuiti. 

Artemide, brand di illuminazione fra i più conosciuti al mondo, che conferma la collaborazione iniziata nel 2015 e portata avanti senza interruzioni, a sostegno alternativamente della Biennale Arte e della Biennale Architettura, con una partecipazione che si esprime anche attraverso progetti di luce che accompagnano l’esperienza dei visitatori lungo i percorsi dell’Esposizione, negli spazi interni ed esterni. 

Vela, società commerciale della mobilità e di marketing della Città di Venezia, è presente alla Biennale Arte 2019 con il suo marchio VeneziaUnica, grazie ad un accordo ormai consolidato e valido anche per le altre principali manifestazioni organizzate dalla Biennale, finalizzato ad un reciproco scambio di promozione e visibilità. 

 Seguso Vetri d’Arte, azienda rappresentativa della grande tradizione vetraria veneziana, con cui prosegue la collaborazione iniziata due anni fa per gli allestimenti del Palazzo del Cinema. 

martedì 26 marzo 2019

Maurice Marinot alle Stanze del Vetro di Venezia





"Le stanze del Vetro" della Fondazione Giorgio Cini ospita fino al 28 Luglio i vetri fauve di  Maurice Marinot.

Con una selezione di  220 pezzi unici in vetro e 115 disegni, tra schizzi e progetti per oggetti ed allestimenti si percorre l’interessante sviluppo creativo dell’artista francese.




CS

È in programma dal 25 marzo al 28 luglio 2019 la mostra primaverile a LE STANZE DEL VETRO, “Maurice Marinot. Il vetro, 1911-1934″, a cura di Jean-Luc Olivié, del Musée des art décoratifs, e Cristina Beltrami, primo tributo internazionale a questo grande artigiano del vetro.

Con oltre 200 opere e numerosi disegni preparatori, la mostra mette in luce l’incredibile originalità dell’artista-vetraio francese, dalle prime realizzazioni a smalto ai vetri soffiati e modellati di persona con straordinaria abilità e inesauribile capacità inventiva.

La mostra “Maurice Marinot. Il vetro, 1911-1934″ permette di ammirare il lavoro di una figura fondamentale per la storia del vetro moderno e contemporaneo ancora non pienamente conosciuto dal grande pubblico.

LE STANZE DEL VETRO sono un progetto culturale e uno spazio espositivo permanente situato sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, e dedicato allo studio e all’esposizione delle forme moderne e contemporanee dell’arte vetraria. Ogni anno vengono realizzate due mostre: la prima in primavera dedicata all’utilizzo del vetro negli ambiti dell’arte e del design del ventesimo e del ventunesimo secolo; la seconda durante l’autunno dedicata ai talenti che nel Novecento hanno disegnato e progettato per la vetreria Venini.

Le mostre sono sempre a ingresso gratuito e ogni progetto espositivo è accompagnato da visite guidate, laboratori didattici e incontri speciali per tutta la famiglia.

Guida breve della Biennale di Venezia




Oltre al grande catalogo è possibile fruire della pratica guida breve della rassegna, che in oltre 300 pagine in un pratico formato 15x20cm, ci aiuta a visitare la rassegna 

La guida breve della Biennale Arte 2019, intitolata "May You Live In Interesting Times", è stata studiata per accompagnare i visitatori attraverso gli spazi espositivi dell’Arsenale e dei Giardini e per indirizzarli verso gli altri progetti ubicati in tutta la città di Venezia durante la 58. Esposizione Internazionale d’Arte a cura di Ralph Rugoff, che nell’introduzione approfondisce i temi della Mostra. 

Una guida pratica ma anche un volume ricordo, il volume introduce i lettori al lavoro degli 80 artisti della Mostra Internazionale, delle Partecipazioni Nazionali e degli Eventi Collaterali che avranno luogo in tutta la città dall’11 maggio al 24 novembre 2019.


“May You Live In Interesting Times cercherà di offrire al suo pubblico un’esperienza a tutto tondo, che è propria del profondo coinvolgimento, trasporto e apprendimento creativo resi possibile dall’arte. Questo vorrà dire coinvolgere i visitatori in una serie di incontri che saranno essenzialmente ludici, perché è quando giochiamo che siamo più compiutamente ‘umani’.”   Ralph Rugoff

lunedì 25 marzo 2019

Peter Halley a Venezia




L’Accademia di Belle Arti di Venezia e Flash Art presentano Heterotopia I, la mostra personale di Peter Halley negli spazi storici dei Magazzini del Sale 3, in occasione della Biennale d’Arte di Venezia, a cura di Gea Politi, direttore di Flash Art. La mostra sarà aperta dall’8 Maggio al 10 Agosto.

Heterotopia è lo spazio altro, abitato o condotto da altri, secondo la definizione del filosofo francese Michel Foucault. Halley traduce Heterotopia in un ambiente immersivo, dai e dei “tanti luoghi” dell’artista, con stanze che si susseguono, si trasformano, si inseguono, in condotti estetico mentali.

La potente navata dei Magazzini del Sale viene occupata da un lungo tunnel di 40 metri, fatto di spazi che sono cosi “connessi a tutti gli altri spazi, ma in modo tale da sospendere, neutralizzare o invertire l'insieme dei rapporti che essi stessi designano, riflettono o rispecchiano”.

Heterotopia I è una grande installazione per l’artista e teorico newyorkese che ha concettualizzato il NeoGeo, il neo geometric conceptualism, creando una dei più influenti movimenti teorici degli ultimi anni.

 


"May You Live In Interesting Times", è il titolo della Biennale di Venezia di quest'anno, che apre una discussione sullo stato incerto dei nostri tempi. I "tempi interessanti" non sono chiari.  Questi tempi portano inevitabilmente nuove domande su questa era precaria.

Gli ambienti postindustriali e dinamici di Peter Halley creano simultaneamente isolamento e connessione, uno stato di tensione fluorescente nel quale ci immergiamo attraverso corridoi teorici che Halley ha tracciato, segnando la cultura visuale contemporanea dalla fine degli anni ‘70".

Gea Politi, Flash Art, Direttore

 


"L’Accademia di Belle Arti di Venezia – afferma il Direttore Giuseppe La Bruna – intraprende con entusiasmo questa collaborazione con Flash Art, in occasione della mostra di Peter Halley, nella convinzione che rappresenti una grande opportunità per i giovani studenti. Dalle nostre aule e dai nostri laboratori scaturisce l’energia creativa e la conoscenza, sono  luoghi di formazione e di ricerca da cui ha origine il futuro dell’arte ed è una risorsa e un complemento fondamentale il contatto con chi  traccia la rotta dell’arte a livello internazionale come Peter Halley e con Flash Art che si rivolge alle nuove generazioni di artisti partendo proprio dalla fucina della nostra Accademia".

Giuseppe La Bruna, Accademia di Belle Arti di Venezia, Direttore

venerdì 22 marzo 2019

Il catalogo della Biennale di Venezia 2019




Per un ampio approfondimento della rassegna è stato prodotto un catalogo in tre volumi

Il Volume I del catalogo è dedicato alla Mostra Internazionale, a cura di Ralph Rugoff, e si 
apre con un saggio che esplicita i temi della Mostra. Gli 80 artisti invitati sono presentati 
individualmente con testi illustrati scritti da un eminente gruppo di scrittori internazionali. 
Due ampie sequenze di immagini colorate a tutta pagina delle opere che saranno in mostra 
nelle sedi espositive permetteranno al lettore di apprezzare il vibrante miscuglio di dipinti, 
disegni, sculture ed installazioni immersive. 

Il Volume II del catalogo presenta le Partecipazioni Nazionali e gli Eventi Collaterali 
della 58. Esposizione Internazionale d’Arte; sontuosamente illustrato, contiene testi che 
approfondiscono i numerosi progetti che saranno in mostra a Venezia dall’11 maggio al 
24 novembre 2019.

Il progetto grafico dell’immagine coordinata della Biennale Arte 2019 e il layout dei volumi sono 
a firma di Melanie Mues, Mues Design London.

“La 58. Esposizione Internazionale d’Arte metterà in evidenza una funzione sociale dell’arte che includa sia il piacere che il pensiero critico.”   Ralph Rugoff

giovedì 21 marzo 2019

Biennale e gallerie ..



Molto interessante il recente articolo di Nate Freeman su Artsy sul "supporto galleristico" della Biennale di Venezia, e fa pensare che forse sarebbe l'ora di ripristinare l'ufficio vendite in modo più trasparente e professionale.






Giudecca Art District





Sull'isola della Giudecca nello storico quartiere del birrificio Dreher nasce un distretto dedicato all'arte con 11 gallerie internazionali tre padiglioni nazionali (Estonia, Islanda e Nigeria) e un poliedrico spazio con giardini, che si inaugurerà nei giorni della Biennale portando in questa area una serie di proposte internazionali.




Ci saranno Fondazione Starak, Chiesa delle Zitelle, Studiolacitta,  Spazio Bullo, Spazio Raunich e Spazio Silos a cui si aggiungeranno altre che verranno annunciate prossimamente.

Per l'apertura ci sarà una proposta collettiva legata all'arte femminile e il progetto si chiama Giudecca Art District


mercoledì 20 marzo 2019

The Piedmont Pavilion




Che tu possa vivere tempi interessanti ai piedi dei monti. Come stare sotto il radar e sciare allo stesso tempo.Il Padiglione del Piemonte / May you live in interesting times at the foot of hills. How to lie low and ski at once: The Piedmont Pavilion

… Pistoletto, Castella, Gozzano, Mollino, Ricuperati, Carbotta, Perrone, Leotta, Favaretto, Pellizza da Volpedo, Ceylan, Pinot Gallizio, Simondo, Dionisio, a Fiat 500 from 1957, the Mars Rover, the Fiera del Tartufo, some Barolo wine, a new coffee machine for outer space and pre-cinema optical devices…
A cura di Marianna Vecellio
Combo Venezia, Campo dei Gesuiti, Cannaregio 4878

Periodo: 8 maggio – 20 luglio 2019
Inaugurazione: martedì 7 maggio 2019, ore 17.00

«Piccolino, che fai solo soletto?» «Sto giocando al Diluvio Universale.»
Guido Gozzano, Cocotte.


Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presentano The Piedmont Pavilionmostra nata da un concetto di Carolyn Christov-Bakargiev, Direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Presidente dell’omonima Fondazione. Curata da Marianna Vecellio, la mostra si sviluppa negli spazi di Combo Venezia che apre anch’esso il 7 maggio le proprie porte a viaggiatori e veneziani.

The Piedmont Pavilion è un progetto promosso e organizzato da Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, realizzato con il contributo di Regione Piemonte, Compagnia di San Paolo e Combo, con il sostegno di BIG Broker Insurance Group e Fondazione CRC e la collaborazione per i prestiti di Associazione Centro Studi di Letteratura, Storia, Arte e Cultura Beppe Fenoglio o.n.l.u.s., Lavazza, Museo Nazionale dell’Automobile, Museo Nazionale del Cinema, Thales Alenia Space (JV Thales/Leonardo) e Fondazione per l'Arte Moderna e Contemporanea CRT.

Antonella Parigi, Assessore alla Cultura e al Turismo della Regione Piemonte dichiara: “The Piedmont Pavilion è un progetto ambizioso, nato dalla sinergia di alcune istituzioni d’eccellenza del territorio, che permetterà di valorizzare l’importante eredità artistica regionale in un contesto internazionale di grande prestigio qual è la Biennale d’Arte di Venezia. Un’esposizione con cui vogliamo rafforzare il posizionamento del Piemonte come territorio d’elezione del contemporaneo e che, inoltre, potrà promuovere l’eredità culturale di artisti, movimenti, ma anche designer e architetti che, partendo dal nostro territorio, sono riusciti ad affermare ed esportare in tutto il mondo una loro visione”.

“La Compagnia di San Paolo riconosce la creatività e l’innovazione come peculiarità di Torino e del Piemonte, caratteri da far emergere, valorizzare e promuovere per riuscire ad affermare l’identità contemporanea del nostro territorio in un mondo in continua evoluzione e sempre più globalizzato”. - ha dichiarato Alberto Anfossi, Segretario Generale della Fondazione torinese – “In tale quadro, questa mostra, che nasce da una significativa collaborazione tra due istituzioni d’arte della città, rappresenta un’importante occasione di promozione della cultura e del carattere creativo e innovativo che il Piemonte e Torino hanno saputo storicamente esprimere”.

The Piedmont Pavilion presenta opere d’arte provenienti dalle Collezioni del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e della Collezione Sandretto Re Rebaudengo oltre a prodotti dell’industria e del territorio piemontese altrettanto iconici, come la Fiat 500 del 1957, la sonda orbitante TGO (Trace Gas Orbiter) della missione europea ExoMars, dispositivi ottici che hanno anticipato la nascita del cinema, ma anche una pregiata bottiglia di Barolo dalla cantina di Pinot Gallizio, un progetto d’artista degli anni cinquanta sulla Fiera del Tartufo e la storia di una rivoluzionaria macchina espresso per lo spazio.

Il Padiglione è costruito come una pièce teatrale, oppure come un governo immaginario.
I personaggi sono:
Primo Ministro: Marianna Vecellio
Ministro della Parola: Gianluigi Ricuperati
Ministro delle Comunicazioni: Irene Dionisio
Ministro dell’Urbanistica: Ludovica Carbotta
Ministro del Mare: Renato Leotta
Ministri Senza Portafoglio: Vincenzo Castella, Lara Favaretto, Diego Perrone, Michelangelo Pistoletto

Carolyn Christov-Bakargiev e Patrizia Sandretto Re Rebaudengo affermano: “In un’epoca di globalizzazione e di digitalizzazione, dell’essere “in Piemonte a Venezia”, questa mostra “off” Biennale indaga il senso e il non senso delle affermazioni identitarie; vuole accogliere e raccogliere, non senza un tocco di umorismo, espressioni artistiche e creative piemontesi che ci parlano dell’essere incorporati, della vita urbana e rurale, quotidiana e cosmica, in stretta continuità, e di una certa condizione di esseri orfani e propositivi al contempo”.

Gianluigi Ricuperati afferma: “Lo sguardo gettato oltre la linea, al di là delle barriere e degli steccati, oltre le montagne, capace di esporsi al pensiero e alla relazione con l’altro da sé, non è forse questa la cifra più intima del Piemonte? E l’arte nella sua tensione verso l’altrove non è forse sempre stata la trama sotterranea che porta a dare senso all’insensato, come uno strumento ottico in grado di cogliere il dettaglio nascosto dietro il quale spesso si cela la smisuratezza dell’umano? The Piedmont Pavilion si offre all’occhio dell’osservatore come inedito spazio extraterritoriale e cross disciplinare, il tentativo giocoso e serissimo di ricomporre un ordito esistenziale coerente in un mondo sempre più caotico e dominato da identità provvisorie e violente, in cui solo l’effimero appare rassicurante”.

Il curatore Marianna Vecellio afferma: “The Piedmont Pavilion è un dispositivo e spazio molteplice, rete di connessione tra i fatti, gli esseri umani e le cose del mondo, capace di illustrare un luogo reale e falso allo stesso tempo. Un padiglione regionale che è anche transnazionale, una stratificazione temporale, storica, artistica, culturale, tecnologica che è anche un gioco, una falsa notizia, una pièce teatrale e un territorio che non esiste più come rappresentazione di un’area confinata, ma come un misuratore di esperienza”.

La mostra è ospitata negli spazi nuovi di Combo Venezia.
“Abbiamo immaginato Combo come un nuovo punto d’incontro tra chi viene in città per visitarla e chi ci vive - dichiara Michele Denegri, imprenditore e anima del progetto –. Combo nasce in palazzi dimenticati e nel riqualificarli vuole diventare la casa più conveniente per il turista, il luogo più stimolante per i cittadini e il più attraente per chi frequenta la scena artistica e culturale.
È con questo intento che Combo apre le sue porte a Venezia e ospita The Piedmont Pavilion, una riflessione acuta e divertita sui concetti di territorio, identità e comunità che risuona bene con lo spirito e la visione alla base dell’intero progetto Combo”.

In occasione della mostra saranno realizzate tre opere inedite da Ludovica Carbotta, Irene Dionisio e Renato Leotta. Le produzioni di queste nuove opere sono supportate dal Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea.