mercoledì 31 dicembre 1975
Breve storia della Biennale di Venezia / brief history of the Venice Biennale
Inserisco qui un poco di storia e di dati sulla Biennale di Venezia / I interject here a little history and data about the Venice Biennale
martedì 30 dicembre 1975
Storia della Biennale di Venezia - Arti Visive
Storia
Biennale (fonte sito http://www.labiennale.org/it/arte/index.html )
La
Biennale di Venezia nacque con una delibera dell'Amministrazione
comunale del 19 aprile 1893, in cui si propose di "istituire una
Esposizione biennale artistica nazionale" nell'anno successivo,
per celebrare le nozze d'argento del re Umberto e Margherita di
Savoia.
L'effettiva
inaugurazione della manifestazione si ebbe due anni dopo, il 30
aprile del 1895. In questo periodo tra l'idea e la realizzazione, si
rivelò vincente l'impegno dell'allora Sindaco di Venezia Riccardo
Selvatico, che volle fortemente trasformare gli incontri serali degli
artisti nelle salette del caffè Florian in una prestigiosa
esposizione internazionale.
L'organizzazione
dell'evento partì con lo studio dello Statuto da parte di
un'apposita commissione, che prese spunti dalla Secession di Monaco
di Baviera. Fu previsto non solo di invitare i maggiori artisti
italiani e stranieri, ma anche di lasciare spazio alle opere di
pittori e scultori italiani non invitati. Ogni artista non poteva
partecipare con più di due opere, e nessuna già esposta in Italia.
Furono formati 3 Comitati: uno di artisti veneziani per sviluppare il
programma della mostra, un altro per la propaganda, e un altro ancora
per la stampa. Antonio Fradeletto venne nominato Segretario generale
e diventò la personalità più importante del periodo, grazie alla
sua abilità diplomatica che gli avrebbe permesso di intervenire
nella selezione degli artisti, negli allestimenti, e in seguito di
far realizzare i Padiglioni stranieri.
Il
Palazzo della prima Esposizione fu costruito febbrilmente ai Giardini
pubblici di Castello, appena in tempo per la cerimonia
d'inaugurazione che vide la presenza di Re Umberto e di Margherita di
Savoia, con la partecipazione entusiasta dei veneziani. A questa
prima Esposizione Internazionale d'Arte della città di Venezia (in
seguito chiamata La Biennaledalla cadenza della manifestazione) i
visitatori furono più di 200 mila. Contribuirono al successo i
biglietti speciali ferroviari di andata e ritorno, che includevano
l'ingresso all'Esposizione.
I
premi, equamente attribuiti a Giovanni Segantini per il Ritorno al
paese natío, e a Francesco Paolo Michetti per La figlia di Jorio,
furono il frutto di un giudizio salomonico: riconosciute due tendenze
artistiche, ne vennero premiate le personalità più rappresentative.
La grande tempera di Michetti era stata eseguita a Francavilla a
Mare, proprio nel convento dove Gabriele D'Annunzio, amico del
pittore, scrisse più tardi una tragedia sullo stesso soggetto.
Ma
l'opera che suscitò il maggior clamore, per l'argomento ritenuto
scabroso (un uomo morente circondato da nudi femminili) fu invece il
Supremo convegno di Giacomo Grosso, che vinse il premio assegnato da
un referendum popolare, istituito a fine rassegna.
Nel
1897 il nuovo sindaco Filippo Grimani sostituì Selvatico alla
Presidenza della Biennale. Per la seconda Esposizione di quell'anno,
in concomitanza con la fondazione della Galleria d'Arte Moderna di
Venezia, la giuria optò per la conversione dei premi in acquisti, a
beneficio delle pinacoteche nazionali e locali. La stessa giuria, con
l'intento di migliorare la promozione della manifestazione, istituì
un Premio della critica, che da una parte stimolò la produzione di
articoli e recensioni, migliorandone il livello, dall'altra segnò
una tappa nella storia della critica d'arte contemporanea. La giuria,
sostenendo la linea di una critica colta e moderata, assegnò il
premio a Primo Levi, mentre le tendenze della critica militante
ottennero un secondo posto ex aequo con i premi a Ugo Ojetti e
Vittorio Pica (che poi sarebbe diventato Segretario Generale della
Biennale).
Nelle
prime biennali di Venezia venne abbastanza trascurata l'arte
francese, mentre i rapporti privilegiati con la Secession misero in
risalto quella tedesca. Già nel 1899, infatti, venne presentata la
Giuditta II di Klimt. Intanto un gruppo di artisti italiani diede
vita a una corporazione, che proponeva le proprie collettive alle
esposizioni pubbliche, vietando ai propri membri di prendere parte
singolarmente alle rassegne. Considerata questa linea di dissenso, la
Biennale concesse ai corporati di esporre in sale proprie, destinando
ai più noti come Michetti e Sartorio una mostra distinta,
inaugurando così la nuova formula della personale, applicata dalla
III Biennale.
Un
quadro consacrò la prima Esposizione Internazionale d'Arte della
città di Venezia del 1895 e sollevò intorno a essa clamore e
curiosità: il Supremo convegno di Giacomo Grosso, artista allora
famoso, professore all'Accademia Albertina di Torino.
Proprio
il Presidente di quell'Accademia, il conte di Sambuy, raccomandò al
sindaco Riccardo Selvatico di fare in modo che quel "quadro di
ardita composizione fantastica" fosse sistemato in buona luce.
Essendo Grosso uno degli artisti invitati alla Biennale, e
conoscendone il valore, il primo cittadino non ebbe timore a
rassicurare il conte a tal proposito, ma non intuiva certo "quali
e quanti grattacapi doveva procurargli quel quadro!" (come fa
notare Romolo Bazzoni nella sua storia della Biennale).
Il
10 aprile 1895 l'opera giunse all'Esposizione, e appena tolta dalla
grande cassa stupì quanti la videro. Ambientata in una chiesa,
raffigurava una camera ardente, con feretro e cadavere attorniati da
cinque figure femminili completamente svestite. Nelle intenzioni del
pittore torinese, la tela voleva rappresentare la fine di un
dongiovanni. Se per chi doveva collocare l'opera, l'unica
preoccupazione veniva dagli accesi contrasti di colore, che potevano
disturbare la visione dei dipinti vicini, invece per la Presidenza
dell'Esposizione il disagio era dato dal soggetto del quadro, che
avrebbe potuto offendere la morale dei visitatori.
In
pochi giorni la notizia aveva già fatto il giro della città, e
molto si mormorava a proposito del soggetto di questo quadro, a cui
non era stata ancora data una collocazione. Il Sindaco Selvatico
decise di sottoporre la questione a una apposita commissione di
letterati, formata da Enrico Panzacchi, Giuseppe Giacosa, Enrico
Castelnuovo e Antonio Fogazzaro. La risposta arrivò tramite una
lettera di Fogazzaro: "Vi rispondiamo unanimi: no, il dipinto
non reca oltraggio alla morale pubblica".
Il
giorno seguente però, il Patriarca di Venezia Giuseppe Sarto (futuro
Papa Pio X), inviò una lettera a Selvatico chiedendo che l'opera, di
cui aveva sentito parlare, non venisse esposta. Il sindaco rispose
col verdetto della commissione e l'opera partecipò alla prima
Esposizione, sebbene collocata in una sala piuttosto appartata.
La
stampa clericale gridò allo scandalo, ne parlarono i giornali
italiani e stranieri accendendo ancora di più la curiosità del
pubblico. A fine Esposizione, il premio assegnato da un referendum
popolare andò a grande maggioranza proprio all'opera di Grosso, e
questo risultato destò ulteriori polemiche. Una società acquistò
il quadro per farlo conoscere negli Stati Uniti, dove era già
arrivata la sua fama. Ma attraversando l'oceano, il Supremo convegno
vide la fine della propria avventura, distrutto da un incendio.
Una
Mostra dei paesaggisti francesi degli anni '30 diede finalmente
spazio, nella quarta Biennale del 1901, all'arte francese, piuttosto
ignorata nelle prime esposizioni. Fu in quest'ambito che approdarono
a Venezia opere di Corot e Millet, mentre notevole successo
riscossero le venti sculture della personale di Rodin. La quinta
Biennale (1903) registrò due novità: una fu l'apertura alle arti
decorative, attraverso l'allestimento di sale comprendenti arredi;
l'altra fu il Salon des refusées, concessa dopo una plateale
protesta derivata dal verdetto di selezione, che escludeva 823 opere
su 963.
L'Impressionismo
francese, tendenza ormai stabilizzata a livello europeo, in questo
periodo non venne considerato. Ci fu invece un'apertura verso l'arte
americana, con la medaglia a Sargent nel 1907, e la personale di
Barlett nel 1909. Nel 1907, grazie alla mediazione di Diaghilev, la
Biennale ospitò il tolstoiano testimone delle tradizioni russe
Repin, nonché Bakst, celebre costumista e decoratore di balletti
russi. Bisognerà tuttavia attendere il 1910 perché le presenze
internazionali alla Biennale siano di assoluto rilievo: una splendida
sala di Klimt contrapposta a una personale di Renoir; ma anche le
retrospettive di Courbet e di Monticelli. L'apertura
all'Espressionismo, sorto a Dresda nel 1903, avvenne nel 1914 con una
personale dedicata a Ensor.
Curioso
fu il rapporto della Biennale con un altro celebre artista: Picasso.
Nel 1905 il Segretario Generale Fradeletto fece togliere una sua
opera dal padiglione spagnolo, perché avrebbe potuto scandalizzare
il pubblico con il suo linguaggio artistico troppo innovativo. Le
opere di Picasso saranno esposte esposte alla Biennale solo nel 1948,
grazie alla grande retrospettiva curata da Guttuso.
Per
quanto riguarda l'arte italiana, a predominare fu l'Ottocento sia
nell'ordinamento regionale delle sale (1901), sia nelle retrospettive
dedicate a Fontanesi, Fattori, Signorini, Cremona. A questa tendenza
si affiancò il perdurante stile simbolista. Significativa in questo
senso fu la mostra L'arte del sogno del 1907, aperta anche ai
simbolisti stranieri. È contro questo predominio, ormai considerato
accademico, che si sviluppò, già a partire dal 1908, la reazione
dei giovani di Cà Pesaro, organizzati dal critico Nino Barbantini.
Solo nel 1914 Medardo Rosso avrà spazio alla Biennale, con una
personale.
A
partire dal 1907, Fradeletto promosse l'organizzazione dei Padiglioni
stranieri (saranno 7 già attivi prima del conflitto mondiale). Il primo padiglione fu quello Belga. La
nona Biennale fu anticipata al 1910 affinché non coincidesse con la
grande Esposizione d'Arte che si doveva tenere a Roma, per la
celebrazione del cinquantesimo anniversario del Regno d'Italia.
L'Esposizione veneziana ebbe luogo con cadenza biennale fino
all'interruzione, dal 1914 al 1920, dovuta alla Grande Guerra.
Il
primo padiglione straniero, quello del Belgio, fu edificato nel 1907
per iniziativa del professor Fierens-Gevaert, direttore generale
belga delle Belle arti. Il progetto per l'edificio e le decorazioni
fu dell'architetto Leone Sneyers. Nel 1930 furono aggiunte due sale,
laterali rispetto al grande salone centrale, mentre nel 1948
l'architetto veneziano Virgilio Vallot disegnò la nuova facciata.
L'ottava
Biennale del 1909 si arricchì di tre nuovi padiglioni stranieri. Il
padiglione della Gran Bretagna non fu costruito ex novo, ma fu
utilizzato un edificio esistente, rimodernato da E. A. Richards e
decorato internamente da Frank Brangwyn. Il padiglione della
Germania, costruito accanto a quello inglese sulla collinetta dei
Giardini, fu progettato da Daniele Donghi, architetto del Comune di
Venezia. L'edificio inizialmente ospitò l'arte bavarese, mentre dal
1912 accolse opere da tutta la Germania. Chiuso durante la Grande
Guerra, riaprì nel 1922 con opere dell'allora Repubblica federale
del Reich tedesco. Proprietà del comune veneziano, nel 1938 venne
riscattato e sostituito per ordine di Hitler da un altro più moderno
su progetto di Ernst Haiger.
L'architetto
scultore Géza Maróti, ispirandosi alle tradizioni della storia e
dell'arte magiara, ideò il padiglione dell'Ungheria. I mosaici
furono eseguiti da Miksa Roth, su disegni di A. Korösfoi. Alla
Biennale del 1948, una mostra venne allestita altrove per consentire
il restauro del padiglione danneggiato, ma continui ritardi lo
tennero chiuso fino '58, quando Agost Benkhard lo ricostruì
parzialmente.
Nel 1910 l’8 luglio F.T.Marinetti diffonde dei manifesti anti-Biennale in piazza San Marco, in stile futurista. Vengono realizzate sale dedicate agli artisti Klimt, Renoir e una retrospettiva dedicata a Courbet. Considerata troppo scandalosa viene tolta dal salone spagnolo un'opera di Pablo Picasso.
I
padiglioni di Francia e Svezia furono eretti nel 1912, entrambi
progettati e costruiti direttamente dalla Biennale. Quello francese
esordì con la personale di Rodin. Nel 1914 la Biennale cedette
l'edificio della Svezia all'Olanda. In seguito il padiglione olandese
fu abbattuto e ricostruito nella stessa area nel 1954, su progetto di
G. Rietveld di Utrecht, uno degli architetti usciti dal movimento de
Stijl.
Oggi
l'area dei Giardini conta 29 padiglioni. I paesi non titolari di
padiglione espongono in altre sedi di Venezia centro storico.
Nel 1920 si definiscono le cariche della Biennale con presidente Giovanni Bordiga e segretario generale Vittorio Pica, particolarmente attento alle avanguardie tedesche e francesi.
È
con l'arrivo di Giuseppe Volpi alla presidenza (1930), che la
Biennale inizia a organizzare Mostre d'arte italiana all'estero, o a
curare la partecipazione nazionale in alcune grandi manifestazioni.
Nel 1932 un'importante rassegna d'arte italiana fu allestita a New
York, e poi in altre città americane. Nel 1933 la stessa operazione
fu realizzata in Europa, con una mostra presentata in alcune città
della Germania.
Nel
1935 la Biennale organizzò una "mostra d'arte moderna e
contemporanea" a Parigi, e una esposizione di scultura a Vienna.
Negli anni seguenti mostre d'arte figurativa vennero promosse a
Budapest, Amsterdam e Sidney, mentre una mostra toccò cinque città
tra Bucarest ed Atene prima di approdare in India. Tra l'autunno del
1937 e la primavera del 1938, il "paesaggio italiano" fu il
tema di una mostra circolante che partendo da Varsavia giunse a
Tallin.
Nel
dopoguerra, dopo l'organizzazione di una mostra in Svizzera nel 1947,
la Biennale curò la partecipazione italiana a grandi Biennali
internazionali come quelle di Alessandria d'Egitto e San Paolo del
Brasile. Le iniziative all'estero della Biennale si svolsero fino
alla metà degli anni Settanta.
Nel
primo dopoguerra la Biennale manifestò una maggiore apertura verso
le più innovative tendenze dell'arte, grazie anche alla sensibilità
del nuovo Segretario Generale Vittorio Pica, che fin dal 1908 si era
interessato agli impressionisti, a cui aveva dedicato numerosi studi.
Nel 1920 il curatore del Padiglione francese Paul Signac, oltre a 17
proprie opere, espose Cézanne, Seurat, Redon, Matisse e Bonnard,
mentre l'Olanda propose la retrospettiva di Van Gogh e la Svizzera
quella di Hodler.
A
Pica il merito di aver presentato la prima retrospettiva di
Modigliani nel 1922, e di aver organizzato, nello stesso anno, una
mostra di scultura nera, rivalutata dai post-impressionisti. Non
mancarono le polemiche: per l'arte nera si usò in senso
dispregiativo il termine "primitivo", mentre di Modigliani
venne sottolineata la sua vita disordinata. Ma in occasione della
seconda retrospettiva, nel 1930, non rimase traccia di queste
riserve. Inoltre, Vittorio Pica seppe imporre la sua decisione di
presentare sei acquerelli di Van Dongen, nonostante l'opposizione di
parte del consiglio direttivo e dello stesso Sindaco di Venezia
Davide Giordano.
Intanto
Filippo Grimani nel 1920 aveva perso la carica di Sindaco e con essa
la presidenza della Biennale. La Giunta Giordano, preoccupata dalla
nuova ardita tendenza iniziata dal Segretario Generale Pica, gli
affiancò un Consiglio direttivo di 7 membri (diventerano 8 nel 1924
e 13 nel 1926). Nel 1926 Pica fu costretto da motivi di salute a
dimettersi, e il conte Pietro Orsi, divenuto contemporaneamente
Podestà di Venezia e Presidente della Biennale, nominò il nuovo
Segretario Generale, Antonio Maraini. Nel 1928 prese vita il primo
Archivio della Biennale, denominato Istituto Storico d'Arte
Contemporanea.
La
tradizione di apertura verso l'arte francese continuò, e nel 1928 fu
allestita la mostra sulla Scuola di Parigi con opere di Bissière,
Chagall, Ernst e Zadkine. Notevole attenzione venne dedicata agli
artisti che risiedevano nella capitale francese in quegli anni.
Appels d'Italie fu il titolo che Mario Tozzi scelse per la mostra da
lui curata per la Biennale del 1930, un confronto di artisti italiani
francesi residenti nella capitale d'oltralpe, mentre Severini nel
1932 presentò proprio una Mostra degli italiani a Parigi, in cui
espose, tra le altre opere, I gladiatori di De Chirico.
In
quegli anni il padiglione francese ospitò retrospettive (Gauguin,
Tolouse-Lautrec, Monet, Manet, Degas, Renoir) e presentò maestri
contemporanei come Matisse (1928), Van Dongen (1930) e Zadkine
(1932). La Gran Bretagna organizzò personali di Nicholson, Epstein e
Moore, mentre la Germania, prima dell'avvento del nazismo, presentò
Marc, Nolde, Klee e gli espressionisti Dix, Hofer, Beckmann, Kirchner
e Schmidt-Rottluff.
Con
Regio Decreto Legge 13-1-1930 n. 33, la Biennale venne trasformata in
Ente Autonomo. Le modalità del finanziamento e lo Statuto dell'Ente
vennero stabiliti con decreto nel 1931. Questa trasformazione fece sì
che la Biennale passasse dal controllo del Comune di Venezia a quello
dello Stato fascista. Il Presidente Giuseppe Volpi di Misurata,
imprenditore di lungimiranti vedute, tra i fondatori dell'area
industriale di Marghera, succedette al Podestà Ettore Zorzi al
vertice del'istituzione veneziana. A Volpi andò il merito di aver
allargato i confini della Biennale al di là del settore delle arti
visive: egli promosse due Convegni di Poesia (1932 e 1934) e le prime
mostre all'estero organizzate dalla Biennale, e soprattutto istituì
i festival internazionali: il Festival della Musica (1930), il
Festival del Teatro (1934), e l'Esposizione Internazionale d'Arte
Cinematografica (1932).
La
Biennale d'arte del 1938 vide l'istituzione dei Gran Premi. Con
l'avvicinarsi della guerra il numero di nazioni presenti alla
manifestazione diminuì notevolmente, per ridursi a dieci nel 1942,
edizione decisamente in tono minore, incentrata su artisti militari.
Le due successive edizioni del 1944 e del 1946 non ebbero luogo.
La
Galleria Internazionale d'Arte Moderna di Venezia fu fondata dal
principe Alberto Giovannelli, che alla seconda Biennale del 1897
acquistò sei opere di artisti italiani e stranieri, per poi donarle
al Comune di Venezia. Altri seguirono l'esempio, e anche il Re
Vittorio Emanuele III contribuì con quattro tele. La prima sede
della galleria fu l'appartamento d'onore di Ca' Foscari.
Ca'
Pesaro, palazzo seicentesco sul Canal Grande progettato da
Baldassarre Longhena, divenne proprietà comunale nel 1899, alla
morte della duchessa Felicita Bevilacqua La Masa che espresse la
volontà di farne la sede di un'esposizione d'arte permanente per
giovani artisti. Lì fu dunque spostata la Galleria d'Arte Moderna,
la cui inaugurazione si tenne il 18 maggio del 1902.
La
direzione fu affidata alla Segreteria della Biennale, ma nel 1907,
considerata l' importanza raggiunta dalla Galleria, fu indetto un
concorso per nominare un apposito direttore. Si aggiudicò il posto
Nino Barbantini, ferrarese appena ventitreenne, il quale iniziò
subito a studiare la disposizione ottimale delle opere, optando per
una suddivisione in gruppi di nazioni.
I
contrasti tra la Biennale e Barbantini iniziarono quando Cà Pesaro
ospitò la sua prima esposizione, nel 1908, a cui parteciparono anche
Fragiacomo, Laurenti e Milesi. Il Segretario Generale della Biennale
Fradeletto non gradì l'iniziativa del giovane direttore. Secondo la
volontà della duchessa Bevilacqua, infatti, a Ca' Pesaro dovevano
esporre solo artisti giovani, e non veterani della mostra ai
Giardini. Oggetto di polemica fu anche l'utilizzo del Leone alato di
S. Marco, marchio della Biennale, da parte dell'artista Marussig nel
manifesto dell'esposizione di Ca' Pesaro.
Le
mostre che annualmente furono allestite a Cà Pesaro dal 1909 al
1913, ne accentuarono l'indipendenza, e l'antagonismo con la Biennale
crebbe per il diverso criterio artistico adottato. Il contrasto si
manifestò in modo più aspro nel giugno del 1914, quando un gruppo
di artisti non accettati alla Biennale organizzò polemicamente
all'Hotel Excelsior del Lido una "Esposizione di alcuni artisti
rifiutati alla Biennale veneziana". Quell'anno, ai Giardini, su
621 artisti presentatisi ne furono accettati 114. Ma dopo
l'esposizione dei "rifiutati", la rivalità tra le due
istituzioni iniziò a sfumare.
Le
prime Biennali seguirono in genere le tendenze d'allestimento e
d'arredo dei salons o delle pinacoteche, con riformulazioni del tema
neoclassico del Museo. Ma, come scrive lo storico della Biennale
Romolo Bazzoni, "con i quadri e le statue in un ambiente così
ampio, le opere non figuravano sempre bene".
È
dal 1901 che alla Biennale vennero studiate soluzioni più adeguate
per la collocazione delle opere in mostra, principalmente nel grande
e disorganico Padiglione centrale. In quell'anno il primo Segretario
Generale Antonio Fradeletto pensò di introdurre alla Biennale la
decorazione come presenza artistica autonoma, con l'allestimento di
sette sale regionali. Nel 1907 Giulio Aristide Sartorio decorò il
salone centrale illustrando, con miti dell'antichità classica, il
poema della vita umana. Impiegò quattro pannelli, lunghi sette metri
e alti cinque, due per ogni parete del salone. Vennero sostituiti
pochi anni dopo da quelli decorati dal pittore Pieretto Bianco per la
Biennale del 1912.
Il
difficile intreccio fra decorazione, collocazione delle opere,
illuminazione e arredo, venne affrontato in modo sempre più
consapevole e originale grazie allo stimolo del confronto
internazionale, sotto l'influsso delle esposizioni di Stoccolma o di
Bruxelles e della casa della Secession viennese. Sin dal 1905 le sale
austriaca e tedesca diventarono esemplari lezioni di allestimento,
con protagonisti dell'arredo come Emanuel Seidl, Bruno Paul, Joseph
Urban. Nel 1910, alla nona Biennale, la tradizione decorativa
austriaca offrì la celebre sala che ospitò le opere di Klimt,
allestita da E.I. Wimmer.
Galileo
Chini, il più attivo decoratore della scuola italiana, nel 1907 si
ispirò all'Art Nouveau per la decorazione in fregi policromi e
floreali della sala di quadri simbolisti L'arte del sogno.
Nel
1909, per l'ottava Biennale, Fradeletto volle tentare un altro
esperimento di decorazione murale, questa volta realizzata
direttamente sulle pareti della cupola del salone d'ingresso del
Padiglione Italia. L'esecuzione dell'opera viene affidata allo stesso
Chini, che approfittò degli otto spicchi sferici per illustrare i
periodi più illustri della civiltà e dell'arte (le opere, in un
primo tempo coperte, furono riportate alla luce nel 1986). È del
1914 un altro impegno alla Biennale del Chini: la decorazione del
salone centrale dell'undicesima Biennale, commissionata dalla
presidenza per sostituire i pannelli dipinti da Pieretto Bianco nel
1911.
A
rendere straordinaria la 24. Biennale del 1948 fu soprattutto la
rivisitazione delle avanguardie, grazie anche all'impegno dei
padiglioni stranieri. Sensibile interprete di queste esigenze, il
Segretario Generale Rodolfo Pallucchini organizzò le prime cinque
Biennali del dopoguerra (dal 1948 al 1956). Fu un periodo di tempo
che gli permise sia di ricostruire un quadro abbastanza completo
delle avanguardie europee (dal quale però rimase ancora escluso il
Dadaismo), sia di creare anche in Italia un ponte tra pubblico e arte
contemporanea.
I
due fatti di maggior richiamo furono la retrospettiva con 19 dipinti
di Pablo Picasso (prima apparizione alla Biennale all'età di 67
anni) presentata da Guttuso, e la collezione Peggy Guggenheim (136
opere di 73 artisti) presentata da Giulio Carlo Argan, grazie alle
quali si entrava nel vivo del dibattito sull'arte contemporanea
grazie alla presenza di tutte le tendenze estremiste, dal cubismo al
surrealismo. Max Ernst, Dalì, Kandinsky, Klee, Mirò, Mondrian sono
alcuni dei nomi che caratterizzarono questa 24. Biennale.
A
questa edizione parteciparono soltanto quindici Paesi, perché molte
nazioni stavano ancora riprendendosi dalla guerra. I padiglioni vuoti
furono utilizzati per ospitare mostre speciali (l'Impressionismo in
quello tedesco e la collezione Guggenheim in quello greco). Tre
pittori metafisici italiani raccolse opere di Carrà, Morandi e de
Chirico, ma quest'ultimo non accolse favorevolmente la scelta del
curatore Francesco Arcangeli, aprendo una vicenda giudiziaria che si
concluse solo nel 1955. De Chirico rifiutò di esporre alla Biennale
fino al 1956, quando presentò 36 dipinti in una personale. Giuseppe
Marchiori curò Il fronte nuovo delle arti, da cui scaturirono negli
anni successivi il movimento del realismo e il Gruppo degli otto. La
grande Mostra degli impressionisti presentò opere di Monet, Sisley,
Cezanne, Degas, Gauguin e Van Gogh.
Anche
i padiglioni nazionali organizzarono mostre importanti. La Francia
allineava rassegne personali di Maillol, Braque, Chagall, mentre
l'Austria presentava Ergon Schiele, lo scultore Fritz Wotruba e
utilizzava il padiglione jugoslavo per una grande esposizione di
Oskar Kokoschka. La Gran Bretagna portò a Venezia Turner e la
scultura di Henry Moore, il Belgio Ensor e Permeke. Nel padiglione
centrale furono allestite una mostra su Paul Klee e una dedicata agli
artisti tedeschi ripudiati dal nazismo. Nella sezione italiana, tra
le altre, figurarono retropettive di Arturo Martini e Gino Rossi e
personali di Massimo Campigli, Filippo De Pisis e Mino Maccari.
Dopo
la Seconda Guerra Mondiale, la Biennale riprese il discorso da dove
l'aveva lasciato: l'Impressionismo francese, proposto da Roberto
Longhi in una memorabile rassegna.
A
rendere straordinaria la XXIV Biennale del 1948 fu anche la
rivisitazione delle avanguardie, che fu resa possibile grazie anche
all'impegno dei Padiglioni stranieri. Sensibile interprete di queste
esigenze fu il Segretario Generale Rodolfo Pallucchini, che organizzò
le prime cinque Biennali del dopoguerra (dal 1948 al 1956).
Fu
un periodo di tempo che gli permise di ricostruire un quadro
abbastanza completo delle avanguardie europee, dal quale però rimase
ancora escluso il Dadaismo. Ma soprattutto, di creare anche in Italia
un ponte tra pubblico e arte contemporanea.
I
due eventi principali del 1948 furono la prima mostra retrospettiva
di Picasso (sua prima apparizione alla Biennale all’età di 67
anni, presentato da Guttuso) e la mostra della collezione di Peggy
Guggenheim che comprendeva 136 opere di 73 artisti, presentata da
Giulio Carlo Argan. Negli anni seguenti vennero presentate altre
retrospettive di artisti d’avanguardia. Ormai l’importanza del
movimento era pienamente riconosciuta: furono premiati Braque (1948),
Matisse (1950), Dufy (1952), Ernst e Arp (1954). L’edizione del
1950 fu un altro successo, con quattro importanti mostre su Fauves,
Cubismo, Futurismo e Blaue Reiter. Una rivelazione fu la stupefacente
violenza pittorica del Padiglione Messicano, che presentava i
“quattro grandi”: Jose Clemente Orozco, Diego Riviera, David
Alfaro Siqueiros e Rufino Tamayo.
Nel
1952 Pallucchini presentò una mostra comparativa affiancando il
Divisionismo italiano (Previati, Pellizza da Volpedo e Segantini) al
Puntillismo francese (Pissarro, Signac e Seurat). Un’importante
mostra di stampe di Toulouse-Lautrec fu allestita nelle Sale
Napoleoniche.
Nel
frattempo nuove tendenze erano esplose. Il padiglione americano
presentò l’action painting di Jackson Pollock. Il Premio Speciale
per la Scultura venne assegnato a Calder nel 1952 e a Chadwick nel
1956.
Alla
Biennale del 1954 figurava il Surrealismo. Opere di Courbet, Munch,
Klee e Magritte furono esposte nei rispettivi padiglioni. Sotto la
direzione del nuovo Segretario Generale, Gian Alberto Dell'Acqua, che
rimase in carica dal 1958 al 1968, la Biennale contribuì
significativamente alla diffusione dell’arte contemporanea.
Del
grande architetto veneziano Carlo Scarpa è di particolare interesse,
negli anni del secondo dopoguerra, la lunga, prestigiosa serie di
allestimenti e interventi per la Biennale, serie che inizia nel 1948
e si conclude nel 1972.
Scarpa,
che nei suoi lavori coniuga l'analisi dell'architettura contemporanea
alla specificità dell'ambiente veneziano e alla sua tradizione
artigianale, nel 1948 cura l'allestimento della collezione
Guggenheim, nonché la particolare disposizione dei pannelli della
sala personale di Paul Klee, strutturata in analogia ai quadri
dell'autore.
Nel
1958 Scarpa si occupa della sala personale di Alberto Viani, mentre
nel 1960 allestisce una quarantina di sale. Suo è poi l'allestimento
del Padiglione Italia negli anni 1962, 1964, 1966 e 1968, quando
soppalca il salone centrale, raddoppiandone la superficie espositiva.
È rimasto celebre nel 1966 l'allestimento della sala di Fontana, con
piedestalli cubici, destinati alle sculture sinuose dell'artista.
Scarpa conclude nel 1972 la serie dei suoi interventi, caratterizzati
da quella che Corboz definì una "muséographie poétique".
Le
Biennali degli anni Sessanta iniziarono con un crescendo di polemiche
dovute al gran numero di artisti invitati, e a quello che veniva
definito lo "strapotere della critica", che imponeva mode e
stili. Fu proprio la critica che, secondo molti, determinò
l'affermazione del movimento informale alla Biennale del 1960: i Gran
premi per la pittura vennero infatti assegnati ai francesi Fautrier e
Hartung, nonché all'italiano Emilio Vedova. Per l'artista veneziano
si trattava della consacrazione internazionale. Nell'edizione del
1962 risultò di grande interesse la mostra dei Gran premi allestita
a Cà Pesaro, mentre di notevole rilievo critico apparve la
retrospettiva dedicata all'artista americano di origine armena
Arshile Gorky. A curare tutte le Esposizioni di questo decennio fu
Gian Alberto Dell'Acqua.
La
Biennale del 1964 fu un'edizione di svolta: il premio riservato a un
artista straniero fu assegnato al pittore statunitense Robert
Rauschenberg. L'episodio segnò l'avvento della Pop Art americana in
Europa. Il clamore fece passare piuttosto sotto silenzio le altre
mostre organizzate per quella Esposizione. Al Museo Correr era
allestita la mostra Arte nei musei oggi, e nell'Ala Napoleonica
Giacomo Manzù presentava i bronzi di preparazione della Porta della
Morte per la Basilica vaticana di San Pietro, mentre le retrospettive
erano dedicate a Felice Casorati e Pio Semenghini.
La
Biennale del 1966 sembrò quasi, dopo la pop art, un ritorno alla
razionalità e al rigore. Fu l'anno infatti dell'arte optical,
cinetica e programmata. Gli spazi espositivi dei Giardini erano
dominati dalle installazioni dell'argentino Julio Le Parc, premiato
per la pittura, e del venezuelano Raphael Soto. L'arte italiana vide
premiati i "tagli" di Lucio Fontana e i gessi di Alberto
Viani. Tra
le retrospettive, spiccarono quelle dedicata a Umberto Boccioni e a
Giorgio Morandi, scomparso proprio mentre era in corso la vernice
dell'Esposizione del 1964
La
contestazione del 1968 investì in pieno la Biennale di quell'anno.
Disordini e proteste caratterizzarono la 35. edizione, artisti di
molti paesi aderirono alle manifestazioni e in segno di solidarietà
coprirono o girarono le loro opere, alcune mostre storiche non furono
neppure aperte. Il padiglione centrale ospitava una mostra molto
ambiziosa intitolata Linee della ricerca, con opere di Malevich,
Duchamp, Calder, Rauschenberg, Gorky. L'inaugurazione si svolse senza
particolari disagi, e poco prima della chiusura furono assegnati i
Gran premi a Schoffer e Riley per gli stranieri, e a Gianni Colombo e
Pino Pascali (scomparso appena un mese prima) per gli italiani.
Quella
del 1964 fu l'edizione dell'avvento clamoroso della Pop Art
americana, che ridiede vitalità alla Biennale. Il premio riservato a
un artista straniero fu assegnato a Robert Rauschenberg, spostando la
bilancia della ricerca pittorica dall'Europa agli Stati Uniti. La Pop
Art a Venezia fu rappresentata anche da Jasper Johns, Jim Dine e
Claes Oldenburg.
Una
mostra collaterale di artisti pop fu progettata e realizzata da Leo
Castelli e Ileana Sonnabend, nell'ex consolato statunitense, a San
Gregorio. Questa esposizione aggiuntiva dimostrò che gli Stati Uniti
puntavano decisamente sulla Pop Art. Il Segretario generale Gian
Alberto Dell'Acqua, dopo aver sottolineato nel catalogo che la
partecipazione degli Stati Uniti alla Biennale aveva assunto
quell'anno per la prima volta "carattere di piena ufficialità",
giustificava la "mostra complementare… a causa del numero e
del rilevante formato delle opere inviate da oltre oceano".
Il
Gran premio assegnato a Rauschenberg provocò molte polemiche, anche
all'interno della giuria internazionale. Inoltre, siccome l'artista
esponeva nel padiglione ufficiale solo quattro dipinti, appena si
seppe del premio, furono trasferite in fretta ai Giardini alcune
opere esposte a San Gregorio. Il clamore che la Pop Art suscitò
nella critica e nella stampa europee mise in ombra le altre mostre
che componevano l'edizione di quell'anno.
La
Biennale ebbe luogo anche nel 1970, nonostante la crisi istituzionale
e d'identità maturata nei tumultuosi anni '60. La contestazione del
'68 aveva però lasciato alcuni segni evidenti: furono aboliti i Gran
premi (ripristinati nel 1986 con i Leoni d'oro) e fu eliminato
l'ufficio vendite, considerato strumento della mercificazione
dell'arte. Si rinunciò per un periodo alle mostre monografiche e
celebrative, proponendo invece rassegne tematiche quali Ricerca e
progettazione o Arte e società. Il Segretario Generale Umbro
Apollonio e Dietrich Mahlow curarono la mostra speciale Proposta per
una esposizione sperimentale, aperta con un mese di ritardo. La
mostra si proponeva di "presentare concretamente alcuni problemi
dell'arte", e allineava opere di Malevich, Duchamp, Man Ray e
Albers.
Nel
1971 il socialista Mario Penelope fu nominato Commissario
straordinario per le Arti figurative e organizzò subito la mostra
Aspetti della grafica europea a Ca' Pesaro. Penelope diede vita a una
apprezzata Biennale nel 1972, articolata in una serie di mostre, e
propose per la prima volta un tema, Opera e comportamento. Nel corso
di questa Biennale, diecimila farfalle furono liberate da una grande
cassa di legno in piazza San Marco, mentre Gino De Dominicis, allora
venticinquenne, "espose" un ragazzo affetto da sindrome di
Down, al collo del quale appese un cartello con la scritta "Seconda
soluzione di immortalità: l'universo è immobile". Fu un vero
scandalo, e le proteste per "tanto cinismo" provocarono
interrogazioni parlamentari.
Lo
Statuto dell'Ente autonomo restava un nodo da sciogliere: da più
parti proveniva la richiesta di adeguare ai tempi nuovi la Biennale.
Il nuovo Statuto della Biennale venne dunque approvato dal Parlamento
italiano il 26 luglio del 1973, ma bisognò aspettare il 20 marzo del
1974 perché i 18 membri del consiglio direttivo venissero nominati
da tutte le parti politiche. Carlo Ripa di Meana fu eletto
Presidente, mentre il democristiano Floris Ammannati, ex
soprintendente de La Fenice, fu nominato Segretario Generale.
Vittorio Gregotti assunse la direzione dei settori Arti visive e
Architettura.
Con
questa riforma iniziò un tentativo di programmazione mirata alla
decentralizzazione, all'interdisciplinarità e al superamento della
cadenza stagionale. Alla tradizionale sede dei Giardini si
affiancarono nuove sedi espositive alla Giudecca (ex cantieri), a
Dorsoduro (Magazzini del sale), e altri spazi della città dove si
tennero happenings, dibattiti, spettacoli.
Con
una clamorosa decisione, Ripa di Meana dedicò l'intera edizione del
1974 al Cile, allestendo mostre di manifesti, organizzando spettacoli
teatrali e concerti. Quella Biennale costituì forse la più grande e
risonante protesta culturale nei confronti del dittatore cileno
Pinochet. Molti pittori italiani e stranieri, tra i quali il cileno
Sebastian Matta ed Emilio Vedova, riempirono i campi veneziani con
murales inneggianti alla libertà del popolo cileno: costituivano la
Brigada Salvador Allende.
La
stessa Ortensia Allende, vedova del presidente cileno assassinato,
raggiunse Venezia per inaugurare la Biennale del 1974. Ne risultò
un'affollatissima manifestazione, tenuta solennemente a Palazzo
Ducale anziché ai Giardini. Fu un'edizione talmente particolare
della Biennale, che non le venne nemmeno assegnato il tradizionale
numero romano. Il catalogo non fu stampato, ma fu sostituito da
fascicoli fotocopiati che riguardavano ciascuna mostra o spettacolo.
Il
nuovo Statuto prevedeva anche le Attività permanenti: nel corso del
1975 furono quindi promosse diverse manifestazioni in varie sedi,
mostre e spettacoli teatrali. Nel 1976 la Biennale tornò ai Giardini
ed ebbe un tema: Ambiente arte. In quei mesi Wladimiro Dorigo
inaugurò la nuova sede dell'Asac (Archivio Storico delle Arti
contemporanee), l'archivio della Biennale, nel restaurato palazzo di
Ca' Corner della Regina sul Canal Grande, dove l'anno seguente si
tenne la mostra Ottant'anni di allestimenti alla Biennale.
Quella
del 1977 passò alla storia come la Biennale del dissenso, tema molto
discusso in quel periodo in Europa. Presentò infatti una mostra
intitolata La nuova arte sovietica: una prospettiva non ufficiale.
Nel frattempo il mandato del direttivo era scaduto e Ripa di Meana
mise fine alla discussione sulle nuove nomine annunciando
l'esposizione del 1978 e affidando il settore arti visive a Luigi
Scarpa. Dalla natura all'arte, dall'arte alla natura fu il tema della
38. Biennale, che precorreva le tematiche ambientaliste e prendeva
spunto da una citazione di Kandinkij: "grande astrazione, grande
realismo". La mostra del padiglione centrale fu curata da
Achille Bonito Oliva e presentò sei "stazioni" con dipinti
di Kandinskij, Mondrian, de Chirico, Boccioni, Rauschenberg, Braque,
Duchamp, Picasso.
Nel
1979 venne nominato alla guida della Biennale lo storico napoletano
Giuseppe Galasso, mentre il critico torinese Luigi Carluccio assunse
la direzione del Settore Arti visive. Le prime iniziative importanti
del decennio furono guidate dai direttori del Teatro, Maurizio
Scaparro, e Architettura, Paolo Portoghesi. Il primo collegò con
grande successo l'attività della Biennale al Carnevale veneziano,
Portoghesi recuperò invece le Corderie dell'Arsenale, grande spazio
da tempo inutilizzato, con la mostra sul Postmodernismo La via
novissima.
Negli
anni Ottanta l'Esposizione d'Arte venne impostata su temi unitari:
Arte come Arte (1982), Arte allo specchio (1984), Arte e scienza
(1986). La struttura tematica venne poi superata da Giovanni
Carandente, che nell'edizione del '90 articolò invece la mostra per
sezioni: Ambiente Berlin e Aperto.
L'Esposizione
internazionale d'arte del 1980 presentò diverse mostre, tra le quali
una curata da Jean Leymarie dedicata a Balthus (Balthasar Klossowsky
de Rola) nella Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, e un'altra
allestita da Jiri Kotalik a Ca' Pesaro (L'arte moderna cecoslovacca
nei musei di Praga). Achille Bonito Oliva e Harald Szeemann idearono
Aperto '80, allestita negli ex Magazzini del Sale a Dorsoduro. Questa
nuova iniziativa si presentò come una speciale sezione per i giovani
artisti e fu ripetuta in molte edizioni successive. Proprio in questa
sezione fecero la loro apparizione alla Biennale i cinque
protagonisti della cosiddetta Transavanguardia, teorizzata dallo
stesso Bonito Oliva: Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi,
Nicola De Maria e Mimmo Paladino. Tra le mostre personali, invece,
attirò l'attenzione il padiglione polacco dedicato alla scultrice
Magdalena Abakanowicz.
Arte
come arte: persistenza dell'opera fu il titolo che Luigi Carluccio
lasciò per l'edizione successiva, quando nel 1981 morì
improvvisamente in Brasile. La Biennale del 1982 vide Gian Alberto
Dell'Acqua, già Segretario Generale negli anni Sessanta, realizzare
il programma che il suo predecessore aveva già delineato e
annunciato. Una mostra che doveva essere dedicata a Matisse, presentò
solo due dipinti provenienti dall'Ermitage. Una mostra fu allestita
in omaggio allo scultore rumeno Costantin Brancusi, un'altra fu
dedicata a Egon Schiele. Nell'estate del 1983 al museo Correr venne
dedicata la mostra Montagne incantate, che presentava dipinti di
Michelangelo Antonioni.
Nel
1984 iniziò la lunga presidenza di Paolo Portoghesi (che si concluse
nel 1992), uno dei più famosi architetti italiani, mentre Maurizio
Calvesi, storico dell'arte, venne chiamato a dirigere le Arti visive.
Il tema della Biennale di quell'anno fu Arte e arti. Attualità e
storia. La mostra centrale, dedicata a Le arti a Vienna dalla
Secessione alla caduta dell'impero asburgico, fu allestita a Palazzo
Grassi, mentre ai Giardini furono presentate due grandi mostre
dedicate all'attualità.
Il
tema della Biennale del 1986 fu Arte e Scienza, e fu divisa in due
settori: la prima era Tra passato e presente, che comprendeva Spazio,
arte ed alchimia e Wunderkammer, nella seconda, Nell'età delle
scienze esatte, erano invece comprese Arte e biologia, Colore,
tecnologia ed informatica e La scienza dell'arte. Si trattò di una
mostra molto complessa e articolata. Fu allestita anche una mostra di
sculture all'aperto, mentre riscosse particolare interesse la mostra
che gli Stati Uniti dedicarono a Isamu Noguchi. Proprio in
quell'anno, la gestione del Padiglione statunitense venne ceduta dal
Moma di New York alla Solomon Guggenheim Foundation. Molta eco sulla
stampa ebbe l'iniziativa antirazzista di Vincenzo Eulisse che appese
figure nere ai ganci di una macelleria presa in affitto e inaugurata
come "Padiglione del Sud Africa".
Gli
Stati Uniti furono grandi protagonisti anche nell'edizione del 1988,
intitolata Il luogo degli artisti. Il Leone d'oro andò infatti a
Jasper Johns. Per l'artista americano, presente alla Biennale già
nel 1958, fu la prima grande mostra personale in Europa. La sezione
Aperto decretò miglior giovane artista l'americana Barbara Bloom.
Giovanni Carandente, direttore da quell'anno del Settore, allestì
alcune mostre speciali, tra le quali Ambiente Italia, dedicata a otto
artisti stranieri operanti in Italia come Twombly, Sol Lewitt,
Lüpertz.
L'Esposizione
internazionale d'arte del 1990, diretta da Giovanni Carandente fu
intitolata Dimensione futuro. La mostra centrale, Ambiente Berlin,
vasta rassegna di artisti di vari paesi che avevano operato nella
metropoli tedesca nei decenni precedenti, venne allestita al
Padiglione Italia. Spiccavano, all'inizio del percorso, i plurimi del
ciclo Absurder Tagebuch del 1964 di Emilio Vedova. Invece Omaggio a
Eduardo Chillida, grande scultore spagnolo Gran premio per la
scultura nel 1958, fu allestita a Cà Pesaro. Achille Bonito Oliva
allestì una mostra speciale alla Giudecca, Ubi Fluxus ibi Motus.
Molto interesse destò la partecipazione di Robert Rauschenberg,
ambasciatore della Pop Art nel '64, che espose un proprio lavoro nel
padiglione sovietico.
Ma
a suscitare particolare attenzione e polemiche furono le opere della
sezione Aperto alle Corderie. Esponenti ecclesiastici protestarono
per un lavoro del gruppo americano Grand Fury sul tema dell'Aids,
mentre gli ambientalisti contestarono un'opera che esponeva formiche
vive. La mostra fu chiusa per gli accertamenti sanitari sul
sezionamento di una carcassa di mucca da parte dell'inglese Damien
Hirst (dal contenitore di plexiglass in cui era contenuto l'animale,
fuoriusciva la formalina usata per la conservazione). Con una
scultura policroma a grandezza naturale, l'americano Jeff Koons si
ritraeva insieme alla moglie Ilona Staller.
Il
Leone d'oro per la scultura andò alle grandi fotografie di
archeologia industriale dei tedeschi Bernd e Hilla Becher, mentre i
marmi di Giovanni Anselmo furono premiati per la pittura. Suggestivo
risultò il padiglione statunitense con le scritte elettroniche e le
sentenze pubblicitarie, costate un anno di lavoro, di Jenny Holzer
(Premio dei Paesi). Vincitore del Premio Duemila per i giovani fu lo
scultore inglese di origine indiana Anish Kapoor.
L'Esposizione
del 1993, curata da Achille Bonito Oliva, si presentò come grande
panoramica internazionale e interdisciplinare. Venne affiancata da 45
partecipazioni nazionali, con omaggi a Francis Bacon, John Cage e
Peter Greenaway. La 45. Esposizione slittò al 1993 per far
coincidere la successiva edizione con il centenario della Biennale.
Il titolo fu Punti cardinali dell'arte e si articolò in una
quindicina di mostre. Di particolare rilevanza la mostra allestita da
David Sylvester al Museo Correr con le opere di Bacon, scomparso
l'anno precedente. Interessò anche il padiglione della Germania che
vinse il Premio dei Paesi, il cui pavimento era stato completamente
divelto da Hans Haacke allo scopo di far camminare i visitatori sulle
"macerie del paese". Sulla stessa linea il Padiglione
russo, trasformato da Ilja Kabakov in un luogo abbandonato, pieno di
rottami.
Nel
1995, l'edizione del centenario, l'Esposizione fu affidata per la
prima volta a un direttore non italiano, il francese Jean Clair, il
quale allestì a Palazzo Grassi una grande mostra sul tema del volto
e del corpo umano, intitolata Identità e alterità, che fu anche un
omaggio ai maestri del XX secolo, il secolo della Biennale, con opere
provenienti dai più importanti musei del mondo. Nell'anno del suo
centenario la Biennale promosse manifestazioni per tutti i settori
d'attività.
La
47. Esposizione d'Arte del 1997, curata da Germano Celant, ruotò
intorno alla mostra Futuro, Presente, Passato, in cui si incontrarono
idealmente tre generazioni di artisti dal 1967 al 1997. In tutto
l'Esposizione ospitò 58 Paesi. I Leoni d'oro furono assegnati a
Marina Abramovic e Gerhard Richter.
Il
23 gennaio 1998 il Consiglio dei Ministri approvò in via definitiva
il decreto legislativo di trasformazione in persona giuridica privata
della Biennale di Venezia, ovvero in "Società di cultura La
Biennale di Venezia". I settori di attività diventarono sei
(architettura, arti visive, cinema, teatro, musica, e ora anche la
danza), in collegamento con l'ASAC. Paolo Baratta è stato il primo
Presidente della nuova Biennale.
Con
le direzioni di Harald Szeemann nel 1999 (dAPERTutto) e nel 2001
(Platea dell'umanità) la Biennale iniziò un grande intervento di
recupero per consentire l'utilizzo ad uso espositivo di importanti
edifici (Artiglierie, Gaggiandre, Tese sansoviniane) dell'Arsenale di
Venezia, in cui può estendersi la mostra centrale, prima
tradizionalmente confinata al Padiglione Italia dei Giardini di
Castello. Con Aperto 80 Bonito Oliva e Szeemann avevano dischiuso per
la prima volta alla Biennale le porte alle nuove generazioni e ai
nuovi linguaggi. Con dAPERtutto (1999) Szeemann introdusse il
superamento di ogni separazione tra artisti affermati e giovani,
mentre nessuno stile aveva più il sopravvento sull'altro.
La
49. Esposizione Internazionale d'Arte si è svolta dal 10 giugno al 4
novembre 2001 con il titolo Platea dell'Umanità. Fu diretta, come
l'edizione '99, dal critico svizzero Harald Szeemann richiamando
oltre 243.000 visitatori. Szeemann ebbe a dichiarare: "Nessun
tema determina la scelta degli artisti; anzi, sono questi con le loro
opere a rappresentare la dimensione dell'evento. La Biennale come
piattaforma che offre una vista sull'umanità".
Venne
esposta anche un'opera fondamentale di Joseph Beuys, La fine del XX
secolo. Secondo Szeemann, "Fu Beuys soprattutto a verbalizzare
senza posa il concetto di libertà". E accanto a lui, vennero
esposti vari altri artisti: "Cy Twombly, che riattualizza i miti
con gesti generosi; Richard Serra, il creatore di un nuovo concetto
di monumentalità; Niele Toroni, il fautore della pittura come
traccia; e diversi altri artisti contemporanei che si dedicano alla
figura umana, come Ron Mueck".
La
50. edizione dell'Esposizione Internazionale d'Arte ha avuto luogo
dal 15 giugno al 2 novembre 2003, diretta da Francesco Bonami, col
titolo Sogni e Conflitti - La dittatura dello spettatore. Bonami ha
dichiarato che l'esposizione, capace di richiamare oltre 260.000
visitatori, è stata concepita "come una mostra polifonica dove
un gruppo di voci e pensieri parlano nello stesso contesto attraverso
la propria identità". Bonami ha infatti curato tre mostre
nell'ambito del progetto complessivo: Ritardi e Rivoluzioni (con
Daniel Birnbaum), Clandestini, e Pittura/Painting, una retrospettiva
sulla pittura alla Biennale dal 1964 a oggi, allestita al Museo
Correr.
Le
altre mostre che facevano parte della 50. edizione erano La Zona,
curata da Massimiliano Gioni, Smottamenti, curata da Gilane Tawadros,
Sistemi Individuali, curata da Igor Zabel, Zona d'Urgenza, curata da
Hou Hanru, La Struttura della Crisi, curata da Carlos Basualdo,
Rappresentazioni Arabe Contemporanee, curata da Catherine David,Il
Quotidiano Alterato, curata da Gabriel Orozco, e Stazione Utopia,
curata da Molly Nesbit, Hans Ulrich Obrist e Rirkrit Tiravanija.
Dal
12 giugno al 6 novembre 2005 ha aperto al pubblico la 51. Esposizione
Internazionale d'Arte, che ha presentato due mostre internazionali
allestite ai Giardini (L'esperienza dell'arte, curata da María de
Corral) e all'Arsenale (Sempre un po' più lontano, curata da Rosa
Martínez): per la prima volta sono due donne, entrambe spagnole, le
curatrici dell'evento.
Alle
due mostre centrali si aggiungono 70 partecipazioni nazionali e 31
eventi collaterali. Complessivamente il flusso di pubblico tra le
sedi della Biennale e quelle nel centro storico veneziano si può
calcolare in 915.000 persone: 265.000 i visitatori delle due mostre
internazionali; 370.000 i visitatori delle mostre dei 40 Paesi
allestite nel centro storico; 280.000 le presenze dei 31 eventi
collaterali.
La
52. Esposizione Internazionale d’Arte si è svolta dal 10 giugno al
21 novembre 2007, diretta dal critico statunitense Robert Storr. Con
319.332 visitatori, la mostra registra uno degli afflussi più
intensi nella storia centenaria della Biennale e il più alto
consenso di pubblico negli ultimi venticinque anni.
L'Esposizione,
allestita negli spazi di oltre 25.000 metri quadrati ai Giardini e
all’Arsenale, è caratterizzata dalla partecipazione eccezionale
anche dei 76 Padiglioni nazionali e dei 34 Eventi collaterali, e, nel
periodo di apertura al pubblico, è la mostra d’arte più visitata
in Italia.
Le
mostre dei 42 Paesi ospitate da palazzi e chiese nel centro storico
veneziano, tutte a ingresso libero, sono state visitate da oltre
827.000 persone. Le esposizioni dei 34 Eventi collaterali diffuse
nella città e sulle isole della laguna, anch’esse a ingresso
libero, hanno registrato circa 650.000 visitatori.
La
53. Esposizione Internazionale d’Arte, diretta dallo svedese Daniel
Birnbaum e intitolata Fare Mondi // Making Worlds, si è svolta dal 7
giugno al 22 novembre 2009, ai Giardini, all’Arsenale, e in vari
luoghi di Venezia. Con 375.702 visitatori ha superato il record del
2007, con un incremento 18%, posizionandosi, durante le 24 settimane
di apertura, costantemente al vertice della classifica delle
esposizioni italiane più visitate.
Fare
Mondi ha collegato in un’unica mostra le sedi espositive del
rinnovato Padiglione Centrale (Giardini) e dell’Arsenale, riunendo
– inclusi i collettivi – più di 90 artisti da tutto il mondo,
con nuove opere di tutti i linguaggi.
La
Biennale ha saputo attrarre 77 Partecipazioni Nazionali e 44 Eventi
Collaterali che si sono svolti a Venezia. Particolare successo ha
riscosso il Padiglione Italia che ha assunto una straordinaria
rilevanza e il cui rinnovamento, anche in termini di raddoppio dello
spazio espositivo, ha segnato una svolta nella partecipazione degli
artisti italiani alla Biennale.
Nel
2011 è la storica dell'arte e critica svizzera Bice Curiger a curare
la mostra, che porta il titolo di ILLUMInazioni. Questa edizione
dell'Esposizione Internazionale d'Arte - la 54ma - segna un nuovo
record di pubblico: superati i 440.000 visitatori, con un incremento
del 18% rispetto alla precedente mostra. 83 gli artisti della mostra
internazionale, di cui 62 presenti per la prima volta, 32 giovani
artisti nati dopo il 1975 e 32 presenze femminili. Record anche per i
Paesi presenti, 89, e consueta partecipazione di Eventi collaterali,
37.
La
serie dei Meetings on Art, conversazioni di artisti, critici e
filosofi sui temi della mostra, mette in contatto il pubblico della
Biennale con personalità che vanno da Laurie Anderson a Patti Smith,
da Achille Bonito Oliva a Germano Celant, da Hans Ulrich Obrist a
Okwui Enwezor, a molti altri.
Il
progetto Biennale Sessions coinvolge 31 università nazionali e
internazionali che visitano la mostra organizzando seminari in uno
spazio gratuito messo a disposizione dalla Biennale.
Premi
assegnati all’Esposizione Internazionale d’Arte dal 1986 al 2007
Fin
dalla prima edizione nel 1895, la Biennale ha attribuito premi
(talora convertiti in acquisto dell’opera) agli artisti
partecipanti alle Esposizioni internazionali. Nel 1938 vennero
istituiti i Gran Premi, che durarono fino al 1968, quando furono
aboliti sotto l’urto della contestazione. I Premi sono stati
ripristinati nel 1986. Ecco di seguito il loro elenco:
1986
Premio
internazionale La Biennale di Venezia - Leone d'oro per il miglior
artista ex-aequo a
Frank
Auerbach e Sigmar Polke
Premio
dei Paesi - Leone d’oro per la migliore partecipazione nazionale
alla Francia, rappresentata da Daniel Buren
Premio
Duemila al miglior artista giovane a Nunzio Di Stefano
Leone
d'oro alla memoria allo scultore Fausto Melotti
1988
Premio
internazionale La Biennale di Venezia - Leone d'oro a Jasper Johns
Premio
dei Paesi - Leone d'oro al Padiglione Italia
Premio
Duemila al miglior artista giovane a Barbara Bloom
Menzione
speciale a Tony Cragg e Enzo Cucchi
Richard
Hamilton (sin.) 1993
1990
Premio
internazionale La Biennale di Venezia - Leone d'oro, per un pittore,
a Giovanni Anselmo
Premio
internazionale La Biennale di Venezia - Leone d'oro, per uno
scultore, a Bernd e Hilla Becher
Premio
dei Paesi - Leone d'oro, agli Stati Uniti d'America e a Jenny Holzer
Premio
Duemila al miglior artista giovane ad Anish Kapoor
Menzioni
d'onore al Padiglione dell'Unione Sovietica, al Padiglione dei Paesi
africani - Nigeria e Zimbabwe, a Reinhard Mucha, ad Alighiero Boetti
Premio
acquisto - Cassa di Risparmio di Venezia, a Giuseppe Pulvirenti
1993
Premio
internazionale La Biennale di Venezia - Leone d'oro, per la pittura
ex
aequo a Richard Hamilton e Antoni Tapies
Premio
Internazionale La Biennale di Venezia - Leone d'oro, per la scultura,
a Robert Wilson
Premio
dei Paesi - Leone d'oro, alla Germania, rappresentata da Hans Haacke
e Nam June Paik
Premio
Duemila al miglior artista giovane a Matthew Barney
Menzioni
d'onore a Louise Bourgeois, Ilja Kabakov, Joseph Kosuth, Jean Pierre
Raynaud
1995
Premio
internazionale La Biennale di Venezia - Leone d'oro, per la pittura,
a Ronald B. Kitaj
Premio
internazionale La Biennale di Venezia - Leone d'oro, per la scultura,
a Gary Hill
Premio
dei Paesi - Leone d'oro, all'Egitto
Premio
Duemila al miglior artista giovane a Kathy Prendergast
Menzioni
d'onore a Nunzio, Hiroshi Senju, Jehon Soo Cheon, Richard Kriesche
Premio
acquisto - Cassa di Risparmio di Venezia, a Ignacio Iturria
1997
Premio
internazionale La Biennale di Venezia - Leone d'oro, a
Marina
Abramovic (performance art), e Gerhard Richter (pittura)
Premio
dei Paesi - Leone d'oro, alla Francia
Premio
Duemila al miglior artista giovane a Douglas Gordon, Pipilotti Rist,
Rachel Whiteread
Menzioni
d'onore a Thierry De Cordier, Marie-Ange Guilleminot, Ik-Joong Kang,
Mariko Mori
Premio
speciale "Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia" a
Tobias Rehberger
2°
Premio Benesse a Alexandros Psychoulis
Premio
illycaffè a Sam Taylor-Wood
Leone
d’oro alla carriera Emilio Vedova e Agnes Martin
1999
Premio
internazionale La Biennale di Venezia - Leone d'oro, a Doug Aitken,
Cai Guo-Qiang, Shirin Neshat
Leone
d’oro per la migliore partecipazione nazionale al Padiglione Italia
(Monica Bonvicini, Bruna Esposito, Luisa Lambri, Paola Pivi, Grazia
Toderi)
Menzione
d’onore a Georges Adéagbo, Eija-Liisa Ahtila, Katarzyna Kozyra,
Lee Bul
Leone
d'oro a un maestro di arte contemporanea ex-aequo a Louise Bourgeois
e Bruce Nauman
2001
Premi
speciali “La Biennale di Venezia” Janet Cardiff e George Bures
Miller, Marisa Merz, Pierre Huyghe
Premi
speciali per giovani artisti Federico Herrero, Anri Sala, John
Pilson, A1-53167
Leone
d’oro per la migliore partecipazione nazionale alla Germania
Menzioni
a Yinka Shonibare, Tiong Ang, Samuel Beckett / Marin Karmitz, Juan
Downey
Leoni
d’oro a due maestri dell’arte contemporanea a Richard Serra e Cy
Twombly
Premio
Fondazione Panathlon “Domenico Chiesa” Urs Lüthi
Barbara
Kruger, 2005
2003
Leone
d’Oro per la migliore opera esposta a Peter Fischli e David Weiss
Leone
d’Oro per un artista sotto i 35 anni a Oliver Payne e Nick Relph
Premio
per la giovane arte italiana a Avish Kheberhzadeh
Leone
d’Oro per la miglior partecipazione nazionale al Lussemburgo
Leoni
d’Oro alla Carriera a Michelangelo Pistoletto e Carol Rama
2005
Leone
d’oro a un artista presente alle Mostre internazionali a Thomas
Schütte
Leone
d’oro a un artista giovane (under 35) Regina José Galindo
Leone
d’oro per la migliore Partecipazione nazionale alla Francia
Premio
per la giovane arte italiana 2004-2005 a Lara Favaretto
Leone
d'oro alla Carriera a Barbara Kruger
2007
Leone
d’oro a un artista presente alla mostra centrale internazionale a
León Ferrari
Leone
d’oro a un artista under 40 a Emily Jacir
Leone
d’oro per la migliore partecipazione nazionale all’Ungheria con
l’artista Andreas Fogarasi
Menzione
d’onore a un artista a Nedko Solakov
Menzione
d’onore a un padiglione al Padiglione della Lituania con gli
artisti Nomeda & Gediminas Urbonas
Leone
d’oro a un critico o a uno storico dell’arte per il suo
contributo all’arte contemporanea a Benjamin Buchloh
Leone
d’oro alla carriera a Malick Sidibé
2009
Leone
d’Oro per la migliore Partecipazione Nazionale agli Stati Uniti
d’America
Leone
d’Oro per il miglior artista della mostra internazionale a Tobias
Rehberger
Leone
d’Argento per il più promettente giovane artista della mostra
internazionale a Nathalie Djurberg
Menzioni
speciali a Lygia Pape; Michael Elmgreen & Ingar Dragset; Ming
Wong; Roberto Cuoghi
Leoni
d'oro alla carriera a Yoko Ono e John Baldessari
2011
Leone
d’Oro per la migliore Partecipazione Nazionale alla Germania
(Christoph Schlingensief)
Leone
d’Oro per il miglior artista della mostra internazionale a
Christian Marclay
Leone
d’Argento per un promettente giovane artista a Haroon Mirza
Menzioni
speciali alla Lituania e a Klara Lidén
Leoni
d'oro alla carriera a Sturtevant e Franz West
2013
Maria Lassnig e Marisa Merz Leoni d’oro alla carriera della 55.
Esposizione Internazionale d’Arte
La
Giuria della 55. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale
di Venezia presieduta da Jessica Morgan (Gran Bretagna) e composta da
Sofía Hernández Chong Cuy (Messico), Francesco Manacorda (Italia),
Bisi Silva (Nigeria) e Ali Subotnick (Stati Uniti), ha deciso di
attribuire nel modo seguente i premi ufficiali:
Leone
d’oro per la migliore Partecipazione nazionale all’Angola Luanda,
Encyclopedic City Edson Chagas
Leone
d’oro per il miglior artista della mostra Il Palazzo Enciclopedico
a Tino Sehgal (Gran Bretagna, 1976; Padiglione Centrale, Giardini)
Leone
d’argento per un promettente giovane artista della mostra Il
Palazzo Enciclopedico a Camille Henrot (Francia, 1978; Corderie,
Arsenale)
Menzioni
speciali : Sharon Hayes (USA, 1970; Corderie, Arsenale) / Roberto
Cuoghi (Italia, 1973; Corderie, Arsenale)
Menzioni
speciali per le Partecipazioni nazionali: Cipro e Lituania Oo
Cipro
= Lia Haraki, Maria Hassabi, Phanos Kyriacou, Constantinos Taliotis,
Natalie Yiaxi, Morten Norbye Halvorsen, Jason Dodge, Gabriel Lester,
Dexter Sinister / Lituania = Gintaras Didžiapetris, Elena
Narbutaite, Liudvikas Buklys, Kazys Varnelis, Vytaute Žilinskaite,
Morten Norbye Halvorsen, Jason Dodge, Gabriel Lester, Dexter Sinister
Giappone
abstract
speaking - sharing uncertainty and collective acts Koki Tanaka -
Commissario: The Japan Foundation. Curatore: Mika Kuraya. Sede:
Padiglione ai Giardini
Leoni
d’oro alla carriera Maria Lassnig (nata nel 1919 a Kappel am
Krappfeld, Austria) e Marisa Merz (nata nel 1926 a Torino, Italia).
1977
I
Giardini contengono una florida vegetazione, tra la quale si
organizzano, perlopiù intorno a un viale centrale da cui si dipanano
sentieri minori, le diverse architetture novecentesche dei
padiglioni, caratteristiche per la forma e ciascuna effigiata dal
nome della nazione ospitata.
Di
seguito si riporta l'elenco dei padiglioni per le esposizioni
dedicati a ciascuna nazione partecipante, in ordine cronologico di
costruzione con i corrispettivi architetti:
*
Padiglione Centrale (ex Padiglione Italia) - precedentemente "Palazzo
Pro Arte": Enrico Trevisanato, facciata di Marius De Maria e
Bartholomeo Bezzi, 1895; nuova facciata di Guido Cirilli, 1914;
rinominato "Padiglione Italia", facciata di Duilio Torres,
1932; all'interno del padiglione attuale vi si trova "Il
giardino delle Sculture"progettato da Carlo Scarpa nel 1952 e
l'"Auditorium Pastore" di Valeriano Pastor, del 1977.
*
Padiglione Belgio, di Léon Sneyens, 1907; restaurato da Virgilio
Vallot, 1948
*
Padiglione Ungheria, di Géza Rintel Maróti, 1909; restaurato da
Benkhard Agosto, 1958
*
Padiglione Germania, di Daniele Donghi, 1909, demolito e riedificato
nel 1938 da Ernst Haiger
*
Padiglione Gran Bretagna, di Edwin Alfred Rickards, 1909
*
Padiglione Francia, di Umberto Bellotto, 1912
*
Padiglione Olanda, di Gustav Ferdinand Boberg, 1912, demolito e
riedificato nel 1953 da Gerrit Thomas Rietveld
*
Padiglione Russia, di Alessio Scusev V., 1914
*
Padiglione Spagna, di Javier De Luque, 1922, con facciata rinnovata
nel 1952 da Joaquin Vaquero Palacios
*
Padiglione Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca di Otakar Novotny,
1926, allegato e ricostruito da Boguslav Rychlinch, 1970
*
Padiglione Stati Uniti d'America, di Chester Holmes Aldrich e William
Adams Delano, 1930
*
Padiglione Danimarca, di Carl Brummer, 1932, ampliato nel 1958 da
Peter Koch
*
Padiglione Venezia, di Brenno Del Giudice, 1932, ampliato nel 1938;
questo padiglione è un’unica grande struttura architettonica che
ospita le partecipazioni di più nazioni (Serbia, Egitto, Polonia e
Romania). Nel 2011 è stata riaperta al pubblico, dopo il restauro,
l’esedra centrale costruita nel 1932
*
Padiglione Austria, di Josef Hoffmann con la collaborazione di Robert
Kramreiter, 1934; restaurato da Hans Hollein, 1984
*
Padiglione Grecia, di M. Papandréou e Brenno Del Giudice, 1934
*
Biglietteria, Carlo Scarpa, 1951
*
Padiglione Israele, di Zeev Rechter, 1952; modificato da Fredrik
Fogh, 1966
*
Padiglione Svizzera di Bruno Giacometti, 1952
*
Padiglione Venezuela di Carlo Scarpa, 1954
*
Padiglione Giappone, di Takamasa Yoshizaka, 1956
*
Padiglione Finlandia, di Alvar Aalto, 1956; restaurato da Fredrik
Fogh con la collaborazione di Elsa Makiniemi, 1976-1982
*
Padiglione Canada, del Gruppo BBPR (Gian Luigi Banfi, Ludovico
Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto Nathan Rogers),
1958
*
Padiglione Uruguay, ex-magazzino della Biennale, 1958, ceduto al
governo del Uruguay, 1960
*
Padiglione dei Paesi Nordici (Svezia, Norvegia, Finlandia), di Sverre
Fehn, 1962; adiacente c'è un piccolo edificio di Fredrik Fogh, 1987
*
Padiglione Brasile, di Amerigo Marchesin, 1964
*
Padiglione Australia, di Philip Cox, 1987
*
Libreria, di James Stirling, 1991
*
Padiglione Corea, di Seok Chul Kim e Franco Mancuso, 1995
All'interno
dei Giardini sono posti numerosi monumenti, la maggior parte dei
quali trovano posto nell'area adiacente al Bacino di San Marco.
Elenco
parziale dei monumenti:
*
Monumento a Giuseppe Garibaldi
*
Monumento a Francesco Querini
*
Monumento a Pier Luigi Penzo, patriota
*
Monumento a Riccardo Selvatico, omaggio al sindaco che promosse
l'esposizione
*
Monumento ai soldati di terra e di mare, scultura di Augusto
Benvenuti del 1885, che commemora l'aiuto prestato dai militari nel
corso della disastrosa inondazione del 1882
*
Monumento a Richard Wagner, il grande compositore che morì a Ca'
Vendramin Calergi
*
Monumento a Giosuè Carducci, scultura di Annibale De Lotto del 1912.