giovedì 26 maggio 2011

Padiglione Tibet




Padiglione Tibet: una nazione che evoca da sempre un sentimento religioso, mistico, di pace, una vitale “centralina” spirituale per tutti gli esseri umani in contrapposizione con un paese confinante (ora non più, visto che lo ha occupato da decenni) dal devastante materialismo consumistico.

Un Paese oppresso, la cui stessa cultura, la propria lingua rischiano di essere perdute per sempre. Un paese schiacciato da un altro popolo vicino, anch’esso ricco di fascino e mistero. Ora qualcuno desidera annichilirli entrambi, gettandone uno nel baratro della distruzione, sia fisica che culturale e psicologica, abbruttendo l’altro con lo spettro della consapevolezza di stare per compiere un terribile atto di sopraffazione condannato (non abbastanza) dalle altre Nazioni. La Biennale veneziana da sempre offre l’opportunità ad ogni Paese di presentare le proprie realtà artistiche più rappresentative con i Padiglioni Nazionali.


Padiglione Tibet, un’idea che nella propria semplicità racchiude una forte carica emozionale, è un sogno, una chimera che non potrà, almeno per ora, trovare una collocazione ufficiale all’interno della Biennale stessa per la semplice ragione che il Tibet non può essere riconosciuto come Paese sovrano.

Tutto ciò naturalmente a livello ufficiale.

Credo che il sistema arte debba opporsi a tutto questo, usando i mezzi e le possibilità che la sua stessa struttura le offre, rompendo gli schemi ed il muro di silenzio che da troppo tempo sta rendendo vano ogni tentativo di aiuto al popolo tibetano. Mi piace definire questo progetto come un evento parallelo alla Biennale stessa in quanto entrambe le iniziative (scusate per questo abbinamento alla Davide e Golia!) viaggiano appunto su binari paralleli, senza mai potersi incontrare, naturalmente finché il Tibet non venga riconosciuto ufficialmente come nazione.

Alcuni artisti, per lo più monaci tibetani, creeranno in loco mandala concepiti da artisti contemporanei; saranno previsti anche interventi di scultori tibetani, alcune installazioni site-specific multimediali di video arte sempre dedicata al Tibet e per concludere una grande rassegna di opere realizzate direttamente su KHATA, la tipica sciarpa “utilizzata” in Tibet come forma di saluto. Un grande evento in cui sarà evidenziato il connubio tra Arte Sacra Tibetana ed Arte Contemporanea Occidentale. E’ prevista inoltre la creazione di un laboratorio-Mandala per bambini (e non solo!) diretto dagli stessi monaci. Non mi illudo: so benissimo che questo mio progetto sarà solo una piccola goccia che però spero possa contribuire a far traboccare il vaso colmo di indifferenza che, per ragioni inesplicabili, si è creato intorno alla tragedia di questo meraviglioso paese dalle metafisiche vette.


Presso Ca' Zanardi - Calle Zanardi 4132
Un progetto ideato da Ruggero Maggi

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