lunedì 18 maggio 2015

Arte dal futuro passato, il progetto di Okwui Enwezor


Sedimentandosi le sensazioni, la recente Biennale di Venezia, non svela molto del suo articolato progetto.
"All The World's Futures" più che di futuri narra di vite umane presenti, molto spesso passate; di quella parte della comunità umana che sicuramente non vedrà mai una Biennale, ma su cui il bel mondo miliardario dei collezionisti ha potuto pensare, almeno si spera per un attimo.
Le istanze del curatore, nigeriano di origine, ma molto newyochese di fatto, nel loro complesso mi paiono deboli, forse superate.
La stessa enfatizzata lettura del Capitale di Marx, al centro di una oscura rossa arena, mi pare inutile, priva di reale necessità, in un complesso universo contemporaneo oramai troppo distante dai tempi delle rivoluzioni e da quelle utopie.
Il capitalismo domina incontrastato e la stessa Biennale ne è un ironico specchio.
Lascio così cadere gli aspetti curatoriali e guardo alla mostra in modo “artistico”.

L’allestimento del progetto curatoriale è stranamente diviso in aree confuse per gli artisti impegnate e aree asettiche per gli artisti famosi, vedasi molto bene la divisione a metà del Padiglione Espositivo, su un lato l’impegno sull’altro i quadri, ancora più evidente all’Arsenale dove i nomi famosi hanno un’area perfettamente circoscritta dagli altri che sono miscelati allegramente.
L’assenza di informazioni sulle opere rende la fruizione di molti lavori alquanto difficile, forse si spera di vendere qualche catalogo in più o è il solito snobbismo del curatore.
Arte, non ci sono dei lavori forti e significativi, ci sono molte opere di ottima fattura e stimolanti progetti, nel complesso è una mostra tranquilla, lineare, gradevole in certi suoi lavori, ovvia in tanti altri.
Molto interessante è sicuramente il ricco programma di eventi, performance, incontri, conferenze che si svilupperanno durante la rassegna, per cui se programmate la visita consultatelo.
Fra i tanti lavori mi colpisce quello di Isa Genzer, per la sua visione architettonica, la serie di rivisitazioni degli strumenti musicali all’Arsenale di Terry Adkins, la raccolta di film di Harum Farocki e le teche di Ricardo Brey.
Divertente la serie di sculture in giro nei giardini del Raqs Media Collective.
Ma non capisco fino a che punto la raccolta di disegni fatti sui banchi di scuola, ideata daAdrian Piper, abbia un reale valore artistico e che cosa essa possa significare, penso che sia una simpatica trovata ma poi si possono speculare su mille idee tutte validi ma anche no.
Nella prossima puntata i Padiglioni nazionali.








































































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