lunedì 11 febbraio 2019

Una raccolta d'arte moderna italiana




E' stato presentata a Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna, nei giorni scorsi, un eccezionale nucleo di trentadue opere di alcuni tra i più importanti autori italiani del ‘900: Massimo Campigli, Carlo Carrà, Giacomo Manzù, Ottone Rosai, Scipione e Mario Sironi. I dipinti entrano nella collezione museale in comodato a lungo termine. 

I lavori provengono da note e importanti collezioni di arte italiana, come quelle della scrittrice e mecenate Margherita Sarfatti, dell’editore Pietro Vallecchi, del critico d’arte Raffaele Carrieri, dell’avvocato e presidente dell’Accademia di Brera Rino Valdameri, dell’ingegnere Alberto Della Ragione, dell’avvocato Pietro Feroldi, dell’industriale Carlo Frua De Angeli, dell’editore e critico Giampiero Giani, del commerciante Gianni Mattioli

Le opere giunte oggi a Ca’ Pesaro in comodato a lungo termine da una collezione privata annoverano significativi capolavori, in parte presentati nel 1953 a palazzo Strozzi a Firenze in una mostra sulla collezione di Gianni Mattioli a cura di Carlo Ludovico Ragghianti, alla rassegna inaugurale della Galleria d’Arte Moderna di Torino nel 1959 e nel tour internazionale della stessa collezione Mattioli attraverso Stati Uniti, Europa e Giappone dal 1967 al 1972.

Ad accogliere il visitatore in questo viaggio attraverso l’arte italiana tra le due guerre sono cinque opere di Massimo Campigli, tra cui le celebri tele Le Amazzoni, 1928, La figlia del carceriere (La carceriera), 1929 e Donna ingioiellata, 1942, opera questa realizzata a Venezia, dove il pittore si trasferì allo scoppio della guerra e dove fu esposta, nell’autunno 1945, alla personale presso la galleria del Cavallino. La stagione del ritorno all’ordine italiano si illumina poi di esempi altissimi per qualità e originalità compositiva, condotti nei primi anni venti da Carlo Carrà al fine di rendere sulla tela in misura sempre minore l’istante fugace, il momento e il movimento, che erano stati tanto impressionisti quanto futuristi, o la città che sale, moderna e tecnologica, a favore del recupero di una forma compositiva classica, organizzata secondo un nuovo vocabolario basato su equilibrio, compostezza, misura, ricerca delle forme archetipiche. Già fondatore del Futurismo, poi protagonista del ritorno all’ordine, Carrà entra in Museo con cinque opere, tra cui Mattino sul mare del 1928, che instaurano un dialogo virtuoso con le collezioni permanenti di Ca’ Pesaro.

Giungono alla Galleria cinque lavori di un altro maestro italiano, Ottone Rosai, fautore di quella ripresa della sintesi, come amava ripetere Margherita Sarfatti, ed essenzialità compositiva che ebbe larga fortuna nella produzione europea tra le due guerre. Una grande sala è dedicata poi a Mario Sironi, artista fondamentale per le sorti dell’arte nazionale. Il nucleo di otto Sironi che entrano oggi a Ca’ Pesaro annovera il capolavoro del 1923-24 Il Bevitore, già appartenuto a Margherita Sarfatti. Sempre agli anni venti risale un secondo capolavoro di Sironi, Pandora (Il mito di Pandora), 1924, che rappresenta un corpo monumentale di donna su un paesaggio roccioso, inabitato, quasi primordiale.

Infine, una sala presenta una voce alternativa a quella del ritorno all’ordine, capace di accese cromie e di audacie prospettiche di tipo espressionista come quella di Gino Bonichi detto Scipione, attivo nell’ambiente romano; è un’arte che si pone in dissenso verso il regime e verso il realismo del gruppo di Novecento italiano e anticipa il secondo dopoguerra, facendo esplodere il colore e gli equilibri compositivi. Allo stesso modo, anche la pittura geometrica e murale che Sironi sperimenta tra gli anni quaranta e cinquanta conduce nei decenni successivi verso la disgregazione della materia, che sarà patrimonio della corrente Informale. La straordinaria collezione si chiude con una piccola ma preziosa selezione di sculture e disegni di Giacomo Manzù, tra i massimi intrepreti della scultura figurativa del secolo scorso.

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