Passati in rassegna i diversi padiglione faccio un breve escursus sull’Arsenale, spazio particolarmente suggestivo anche se lo trovo in generale molto dispersivo, la forma continua dell’edificio porta a concentrarsi in modo meno attento e alla fine della lunga camminata si ha la sensazione di non aver visto ma solo di aver osservato alcune cose.
Prima di entrare in questi affascinanti spazi si incontra il progetto del vincitore del Premio per la Giovane Arte Italiana: Nico Vascellare. Egli presenta una istallazione alquanto vecchiotta nel suo tentativo di essere contemporanea. Un lavoro/performance che fa venire in mente le ricerche inglesi degli anni novanta ibridata fra la musica e l’arte, con una soluzione finale alquanto noiosa e gigantesca. Ma questo forse è il grosso problema dell’arte italiana che viene proposta, sempre in ritardo e scimmiottando altri. E’ possibile che non ci siano più bravi artisti nel nostro paese o forse non si voglio mettere in mostra? Boh?
Usciti rapidamente da questo luogo entro nell’ Arsenale – Corderie. Spazi che nella suggestione dei luoghi danno un positivo apporto alle opere che spesso si perdono nel lungo cammino. Nello sviluppo del percorso mi sono rimaste in mente sicuramente le grandi campiture di materiale riciclato di El Anatsui, l’elegante e interessante cartografia di Kim Jones, i dischi/diario di Guillermo Kuitca, l’interrogativo palloncino di Hiroharu Mori, la mappa delle vittime america per le guerre di "libertà" di Emily Price, l’allegro spazio di Jason Rhoades, il documentativo lavoro di Francis Alys, fra le cose più inutili sicuramente i diversi box con i video (una media di 35/45 minuti di durata, ma chi li avrà visti?).
Una parte delle Corderie è stata dedicata al continente africano con la mostra "Ceck list-Luanda Pop" che se interessante come proposta lascia un poco di amaro in bocca per l’allestimento troppo confuso e per la selezione di nomi già troppo "europei" mentre nella parte finale la Cina presenta una serie di artiste alquanto noiosa, che si salva per la location molto suggestiva. Non ci sono parole per la mediocrità ripetitiva di Giuseppe Penone (che ricicla i pellami di Zorio degli anni 70) e un video trailler (ma non era già così due anni fa… per fortuna che è cambiato il soggetto!) di Francesco Vezzoli che se non fosse per le starlette del video nessuno ricorderebbe.
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