Questa Biennale sicuramente si ricorderà per la forte presenza cromatica delle opere che propongono un'idea di mondo ancora pieno di energie e passioni.
Nel complesso emergono alcuni padiglioni che nonostate il fragile tema etnografico esprimono una forma estetica inaspettata, che può sicuramente essere definita arte.
Il progetto pare una evoluzione della scorsa Documenta più concentrata sulla relazioni sociali e sul ruolo di arte come comunità, mentre la Biennale pare più rappresentativa di identità.
Domina la pittura, soprattutto espressiva, ma sono anche presenti tanti filati e video, rare le installazioni o le sculture.
Il progetto centrale del curatore ha sicuramente due focus che hanno riscosso molto interesse, la sezione dedicata agli artisti di origine italiana, migrati per il mondo, e la presenza del progetto Disobedience Archive di Marco Scotini che da diversi anni sta realizzando.
Fra i padiglioni nazionali quelli più stimolanti sicuramente quello degli USA che colpisce per l’intensità cromatica, poi sicuramente quello della Svizzera con l’esilarante lavoro di Divin Amore, per proseguire con quello dell’Australia dal forte impegno culturale e storico.
Nel complesso si conferma il ritorno della pittura, anche se spesso pare più una forma di memoria emotiva che una ricerca pittorica significativa.
Il progetto del curatore mette in risalto una sezione del mondo che pulsa di espressione ma poco di creatività, anzi molto spesso è uno stile che si esprime in forme che sono oramai statiche, che anche se avvicinate alle culture europee non hanno prodotto particolari sviluppi.
Questa cifra etnografica evidenzia un limite espressivo che manifesta la debolezza delle forme culturali quando non si trasformano con l’evoluzione culturale ma diventano realtà “musealizzate”, in cui la tradizione diventa un limite e in fondo una forma di divisione, distanza e separazione.
Opera di Bouchra Khalili Courtesy La Biennale di Venezia foto Marco Zorzanello
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