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martedì 19 novembre 2024

Yto Barrada per la Francia

 foto di © Benoît Peverelli

Oggi l' Institut Francais ha comunicato che l'artista che rappresenterà la Francia alla prossima Biennale d'Arte sara Yto Barrada.

CS

A seguito di una commissione di selezione organizzata dall'Istituto Francese, la Sig.ra Yto BARRADA è stata designata a rappresentare la Francia alla 61. Esposizione Internazionale d'Arte – La Biennale di Venezia nel 2026. La scelta di questa commissione, presieduta dalla Sig.ra Claire LE RESTIF, direttrice dell'Istituto Centro d'Arte Contemporanea di Ivry – le Crédac, è stato selezionato dal Sig. Jean-Noël BARROT, Ministro dell'Europa e degli Affari Esteri e Sig.ra Rachida DATI, Ministro della Cultura. 

La giuria ha scelto Yto BARRADA “per la sua pratica multidisciplinare che riunisce diverse comunità artistiche e sociali alla ricerca di una nuova utopia. Ricercatore iconoclasta, artista totale e senza confini, Yto BARRADA reinventa la “scultura sociale” alla luce di pedagogie alternative e trasforma i canoni del modernismo in un giardino plurale. Da Parigi a Tangeri, passando per New York, disegna una mappa unica che raccoglie nuove voci – invisibili, fragili, storiche o dimenticate – per trasmettere le loro storie. Tanti motivi che hanno portato la giuria a invitare Yto BARRADA a dispiegare i suoi mondi nello spazio del Padiglione Francese e a condividerli con il pubblico della Biennale di Venezia. » 


Nato nel 1971 a Parigi, Yto BARRADA è un artista franco-marocchino che vive e lavora tra New York e Tangeri. Ha studiato storia e scienze politiche alla Sorbona, poi fotografia a New York. Per 25 anni, ha sviluppato una pratica multidisciplinare - installazione, film, fotografia, scultura, tessile ed editoria - attraverso progetti a lungo termine che affrontano questioni diverse come il luogo del gioco nelle pedagogie alternative, la strumentalizzazione della botanica nelle politiche urbane, il traffico internazionale di fossili di dinosauro, l’antropologia coloniale, il panafricanismo o le politiche culturali durante la Guerra Fredda.

Esplorando contemporaneamente fatti culturali, processi naturali e storie storiche, il lavoro di Yto BARRADA presta particolare attenzione alla trasmissione del know-how locale, alla circolazione di forme estetiche e alle strategie di disobbedienza sociale. Evidenziando l'idea di comunità, parentela artistica e collaborazione con amici e familiari, spesso includono una rilettura delle avanguardie artistiche moderniste.


Yto BARRADA ha co-fondato la Cineteca di Tangeri nel 2006. Ha anche creato The Mothership , un centro di ricerca e residenza attorno a un giardino di piante tintorie che coltiva da dieci anni. The Mothership è un luogo di ritrovo per artisti, giardinieri e pensatori che vanta un approccio femminista, ecologico e giocoso alla creazione e trasmissione della conoscenza.

Il lavoro di Yto BARRADA è stato oggetto di mostre monografiche al Jeu de Paume, Parigi (2006); alla Renaissance Society, Chicago (2011); alla Tate Modern, Londra (2011); al Walker Art Center, Minneapolis, (2013); al Carré d'Art, Nîmes (2015); al Barbican Centre, Londra (2018); al MASS MoCA North Adams, Massachusetts (2021); al Museum of Modern Art, New York (2021); allo Stedelijk Museum, Amsterdam (2022); alla Kunsthalle Bielefeld, Germania (2023); a Césure – Urban Plateau nell'ambito del Festival d'Autunno (2023); al MoMA PS1, New York (2024), tra gli altri. Ha partecipato inoltre a numerose biennali, tra cui quelle di Venezia (2007, 2011), Sharjah (2011), Istanbul (2013), Marrakech (2016), Gwangju (2018) e Whitney (2022).

Le opere di Yto BARRADA fanno parte di collezioni pubbliche di tutto il mondo, in particolare quelle del Centre Pompidou (Parigi), del MoMA (New York), della Tate Modern (Londra), della Kunsthalle Basel, del Metropolitan Museum of Art (New York), Reina Sofia (Madrid), Mathaf (Doha) e Mumok (Vienna), tra gli altri. 

Tra i suoi riconoscimenti, l'artista è stata nominata Artista dell'anno dal Deutsche Guggenheim nel 2011. Ha inoltre beneficiato della borsa di ricerca del Peabody Museum (Università di Harvard) nel 2013-2014, della Soros Arts Fellowship nel 2023 e ha ricevuto numerosi premi, tra cui l'Abraaj Group Art Prize nel 2015, il Roy R. Neuberger Prize nel 2019, il Mario Merz Prize e il Queen Premio Sonja Print nel 2022. 

È rappresentata dalla Polaris Gallery (Parigi), dalla Sfeir-Semler Gallery (Beirut, Amburgo) e dalla Pace Gallery (New York, Londra, Seul, Hong Kong, Ginevra, Los Angeles, Tokyo). 


Il Padiglione Francese

Il Padiglione Francese all’Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia è realizzato dall’Istituto Francese, sotto l’egida del Ministero dell’Europa e degli Affari Esteri e del Ministero della Cultura. Per la sua 61a edizione, il Padiglione accoglierà il progetto di Yto BARRADA e il pubblico in uno spazio completamente rinnovato dopo un anno di lavori e un'edizione fuori sede della Biennale di Architettura 2025. Questo progetto di restauro, finanziato dalla Francia, è gestito dagli Edifici e la Direzione della Logistica (DIL) del Ministero dell'Europa e degli Affari Esteri attraverso il suo dipartimento dei lavori e degli edifici francesi in Italia (STBI) in coordinamento con l'Ambasciata di Francia in Italia. I lavori, che inizieranno a gennaio 2025 e dureranno 15 mesi, mirano a migliorare le prestazioni energetiche dell’edificio, offrire una migliore accoglienza ai visitatori e ammodernare le strutture esistenti. Da dicembre 2021 gli studi per questo progetto sono affidati all'architetto veneziano Donata Cherido.

mercoledì 6 novembre 2024

Merike Estna per l'Estonia



 
The Estonian Centre for Contemporary Art is proud to announce artist Merike Estna has been selected to represent Estonia at the 61st Venice Biennale. The 61st International Art Exhibition La Biennale di Venezia takes place in 2026.

Merike Estna is a painter based in Tallinn and Mexico City. Her work focuses on the processes of painting as well as integrating works of art and life. Estna often uses craft practices, combining these with an expanded approach to painting to highlight traditions that have not been traditionally recognised in the medium of painting.

The open call for the 2026 Estonian pavilion received 25 submissions. The selection process was conducted in two stages by an international jury. First, the jury reviewed all submissions – a portfolio, a letter of motivation, and an idea-in-progress for the Estonian pavilion – and selected six artists for the second round. During the second round, the members of the jury conducted studio visits in Tallinn. The six artists included Merike Estna, Karel Koplimets, Paul Kuimet, Urmas Lüüs, Ene-Liis Semper and Kristina Õllek.

The jury consisted of Chus Martínez, Head of the Institute Art Gender Nature, Basel Academy of Art and Design FHNW in Switzerland; Hendrik Folkerts, Curator of International Contemporary Art and Head of Exhibitions at Moderna Museet in Stockholm; Lolita Jablonskienė, Chief Curator of the National Gallery of Art (NGA) in Vilnius; Anu Allas, Vice Rector for Research at the Estonian Academy of Arts; Maria-Kristiina Soomre, Art Adviser to the Estonian Ministry of Culture; and Maria Arusoo, Director of the Estonian Centre for Contemporary Art and Commissioner of the Estonian pavilion at the Venice Biennale.

Commenting on the process and selection criteria, the jury embraced the opportunity for engagement, reflecting on the artists’ methodologies and their approaches to uniquely contemporary questions. “One needs to see a jury like this not only as an instrument of decision-making but more broadly as providing an exchange between local artists and the international community. The jury recognised in the work of all twenty-five artists a valuable attempt to contribute to urgent questions about art and society, using a personal and unique language. The jury particularly acknowledges the very positive reception of the dialogues that took place during studio visits and the artists’ willingness to open up the work, to receive feedback, and to share concerns. This made the process a very valuable format in itself that may result in future collaborations. We would like to thank all artists for taking the time to respond to the call – it shows true commitment to art and culture,” the jury noted in a joint statement.
Regarding Merike Estna’s work, the jury was impressed by her ability to use the medium of painting as a space for politically and socially relevant questions, as well as the grounds for activating questions of artist labour. The jury recognised Estna’s work for its maturity and impact, appreciated the artist’s insistence on situating painting at the intersection of performance and the social. Her approach shows how traditional media can be re-invented as tools to regenerate a collective trust in art.

As the next stage, Estna will start developing the exhibition for the 2026 Estonian pavilion together with a team of the pavilion and consultants. The search for the location of the next Estonian pavilion starts in spring 2025.

Merike Estna (1980) lives and works in Tallinn, Estonia and in Mexico City, Mexico. She graduated from the painting department at the Estonian Academy of Arts (BA, 2005) and from Goldsmiths, University of London (MFA, 2009). She has received several Estonian art awards, among them the Hansapank stipend (2004), the Eduard Wiiralt Grant (2005) and Konrad Mägi Prize (2014). From 2017–2023, she was an associate professor at the Department of Painting at the Estonian Academy of Arts. Estna was among the recipients of the national artists’ salary between 2020 and 2022. More information about Estna’s work is available at the Estonian Centre for Contemporary Art’s artist database here.

Participating since 1997, this will be the fifteenth time Estonia will be exhibiting at the International Art Exhibition of La Biennale di Venezia. The Estonian Centre for Contemporary Art is the official representative of the Estonian exposition and it is financed by the Estonian Ministry of Culture.

Abbas Akhavan per il Canada

 

Foto di Alex de Brabant

L'artista Abbas Akhavan rappresenterà il Canada 

The National Gallery of Canada (NGC) announced that Abbas Akhavan will represent Canada at the 61st International Art Exhibition—La Biennale di Venezia from April to November 2026. Working across site-specific ephemeral installations, drawing, video, sculpture, and performance, Akhavan critically engages with formal, material, and social legacies that shape the boundaries between public and private spaces. 

Jean-François Bélisle, Director & CEO of the National Gallery of Canada, commissioner of the Canada Pavilion in Venice, said: “The Biennale Arte is a vital forum where the world comes together and talks through art. The National Gallery of Canada is uniquely positioned to bring together artists, art institutions, and cultural organizations from across the country to celebrate Canadian talent on the global stage and facilitate connections in the art world. We are thrilled to announce that Abbas Akhavan has been nominated to represent Canada at the 61st International Art Exhibition—La Biennale di Venezia. Abbas’ work is shaped by the unique characteristics of the sites he works on, including the architectures, surrounding economies, and individuals who frequent them. We look forward to supporting him in bringing this vision to life at the Canada Pavilion.”

The artist was selected by a committee of experts in contemporary Canadian art comprised of Julie Crooks, Curator, Arts of Global Africa and the Diaspora, Art Gallery of Ontario; Léuli Eshrāghi, Curator of Indigenous Practices, Montreal Museum of Fine Art; Crystal Mowry, Director of Programs, MacKenzie Art Gallery; Daina Warren, Executive Director, Indigenous Initiatives at Emily Carr University; Pan Wendt, Curator, Confederation Centre of the Arts; and committee chairperson Jean-François Bélisle, Director & CEO, National Gallery of Canada.

Born in Tehran and based between Montreal and Berlin, Abbas Akhavan’s multidisciplinary practice reflects on the relationships between place and history, attending to the geopolitical forces which define spaces. Recent solo exhibitions include Copenhagen Contemporary and Ny Carlsberg Glyptotek, Copenhagen (2023); Contemporary Art Gallery, Vancouver (2022); Chisenhale Gallery, London (2021); and The Power Plant, Toronto (2018). He was the recipient of the Sobey Art Award in 2015. In November 2026, the Walker Art Center in Minneapolis will present a mid-career survey of Akhavan’s work.

The artist selection committee said: “The committee was drawn to the interdisciplinary practice of Abbas Akhavan, a meticulous artist and thinker for whom the site of an exhibition becomes both a proposal and provocation involving the staging of relations between materials, memory, and place. Whether invoking the ruins of ancient statues destroyed during geopolitical conflicts or exploring the stated idealism of gardens and other domesticated spaces, Akhavan’s sculptural environments set the natural world in uneasy balance with the valorization, exploitations, or indeed indifferences of contexts, systems, and projections all too human in origin. We look forward to seeing Akhavan turn his attention to the space and architecture of the Canada Pavilion within the historic Giardini della Biennale in Venice.”

The International Venice Biennale is the largest and most prestigious contemporary art exhibition in the world with more than 80 participating countries. The Canada Pavilion is commissioned by the National Gallery of Canada and supported by the Canada Council for the Arts. It is presented in partnership with the National Gallery of Canada Foundation.

Visitors to the Venice Biennale 2024 can still view Kapwani Kiwanga: Trinket at the Canada Pavilion until November 24, 2024.

For more than 60 years, the Canada Pavilion, situated in the Giardini in Venice, has featured the work of the most celebrated Canadian artists. Canada’s representation in Venice has played a part in shaping the role and place of Canadian contemporary art within international circles, helping to launch or elevate the international careers of artists including Jean Paul Riopelle, Michael Snow, Geneviève Cadieux, Janet Cardiff & George Bures Miller, Rebecca Belmore, David Altmejd, Shary Boyle, BGL, Geoffrey Farmer, Isuma, Stan Douglas, and in 2024, Kapwani Kiwanga

Isabel Nolan per l'Irlanda

 


Dal sito https://visualartists.ie/ apprendiamo che Isabel Nolan rappresenterà l'Irlanda ala prossima Biennale nel 2026



Isabel Nolan announced to represent Ireland at 61st Venice Art Biennale in 2026
From the Department of Tourism, Culture, Arts, Gaeltacht, Sport and Media.

6th November 2024.

The Minister for Tourism, Culture, Arts, Gaeltacht, Sports and Media, Catherine Martin T.D. has announced the selection of artist, Isabel Nolan, with Georgina Jackson and The Douglas Hyde Gallery of Contemporary Art as the curator, to represent Ireland at the 61st Venice Art Biennale in 2026.

The Venice Biennale is one of the most important international platforms for visual arts, attracting over half a million visitors, including global curators, gallerists, art critics, and artists. The selection of the team to represent Ireland was made following an open, competitive process, with international jury members.

Minister Martin, said:
“I would like to congratulate Isabel Nolan, Georgina Jackson and The Douglas Hyde Gallery on being selected to represent Ireland at the 2026 Venice Art Biennale. Isabel Nolan is recognised to be at the forefront of Irish visual arts practice. Participation at the Venice Art Biennale increases awareness of Ireland’s strong visual arts sector; it is also an important moment in an artist’s career. My Department, through Culture Ireland, commissions Ireland at Venice in partnership with the Arts Council.”

Artist Isabel Nolan’s exhibitions are rooted in big subjects: cosmology and deep history; religion and mythology; mortality and love. Working across sculpture, textiles, paintings, drawings, photography and writing, Nolan responds to the fundamental question of how humans bring the world into meaning. Her work has a remarkable capacity to speak to audiences, looking for ways to like, or even love, the complex world we’ve made. In 2027, this work will return to Ireland on a national tour, supported by the Arts Council, in a variety of venues across the island.

The selected artist, Isabel Nolan said:
“To represent Ireland in any sphere of cultural activity is a great privilege. To have my work in congregation with so many other artists is a rare opportunity; as is the occasion to reach such large audiences there, and at home with the national tour.
Venice is an extraordinary city and to have the great fortune to realise this ambitious project with curator Georgina Jackson of The Douglas Hyde and producer Cian O’Brien is very exciting. Art has a strange and special capacity to make and test powerful kinds of community with shared knowledge and beauty, however temporary. The Venice Biennial is a stage like no other.”

Curator Georgina Jackson said:
“Artist Isabel Nolan is a leading light of contemporary Irish visual art. The Venice Biennale is an incredible platform to spotlight both her work and the vibrancy of Irish contemporary visual art, and connect to far reaching audiences. Showing Isabel’s work in Venice is a powerful proposition; motifs that recur in her work include arches, fallen chandeliers, surging waves and dying suns– imagery which will resonate dramatically in the Arsenale. I am honoured and excited to work with Isabel, producer Cian O’Brien, the team at The Douglas Hyde, Culture Ireland and The Arts Council to deliver Ireland at Venice 2026, and build on the legacy of successful previous pavilions.”


lunedì 6 maggio 2024

Mark Bradford a Venezia

 


Fra i tanti progetti presentati in questi giorni a Venezia questo sicuramente è fra i più sensati, si tratta di una iniziativa di lungo respiro realizzata da Mark Bradford con la Cooperativa Sociale Rio Terà dei Pensieri, che supera di gran lunga una serie di proposte pompose ma con contenuti molto limitati. 

CS

La collaborazione fra l'artista statunitense e la cooperativa veneziana inizia nel 2016, mentre l’artista era a Venezia per preparare la sua partecipazione alla 57° Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, come rappresentante degli Stati Uniti d’America.

Bradford voleva un rapporto con la città che andasse oltre il circuito dell’arte e cercando nel tessuto sociale ha incontrato il progetto di Rio Terà dei Pensieri. Incuriosito e stimolato dai racconti sulle attività della cooperativa, ha voluto visitare personalmente i laboratori in carcere, incontrare i detenuti e le detenute e condividere alcune fasi del loro lavoro, fino alla decisione di partecipare in prima persona a questo progetto.

L’artista ha sfruttato il palcoscenico mondiale della Biennale per mettere in luce e sostenere un modello di cooperazione sociale che interviene nel contesto penitenziario attraverso la creazione di opportunità lavorative per i detenuti e per chi torna in libertà.

Da questo incontro è nato Process Collettivo, un progetto che si basa sul principio di ascolto e sul principio di offerta: a partire dall’ascolto dei bisogni della comunità reclusa – bisogno di lavoro, certo, ma anche bisogno di “essere visti” e di aumentare l’interesse verso di sé –  incrementare l’ offerta di una più vasta gamma di esperienze ed opportunità per questa stessa comunità.

Per mettere in pratica questi principi servono iniziative pratiche, ed è su questo terreno che è iniziata la collaborazione, aprendo un punto vendita dei prodotti fatti in carcere, in centro a Venezia. Un luogo dove i detenuti oltre che produttori, sono diventati essi stessi promotori, trovando spazi e momenti di condivisione con l’esterno.

Oggi il lavoro in carcere è diventato una realtà diffusa su quasi tutto il territorio nazionale e l’idea che anche in carcere si possano realizzare esperienze lavorative di qualità, che offrono la possibilità alle persone recluse di avere spazi di libertà, confronto e soddisfazione, è entrata a far parte della normalità: si tratta di un cambiamento culturale che la cooperativa Rio Terà dei Pensieri contribuisce a diffondere.




lunedì 29 aprile 2024

Color, terra e umanità, impressioni sulla Biennale

 
Arsenale  - Courtesy La Biennale di  Venezia foto Andrea Avezzù 

Questa Biennale sicuramente si ricorderà per la forte presenza cromatica delle opere che propongono un'idea di mondo ancora pieno di energie e passioni. 

Nel complesso emergono alcuni padiglioni che nonostate il fragile tema etnografico esprimono una forma estetica inaspettata, che può sicuramente essere definita arte. 

Il progetto pare una evoluzione della scorsa Documenta più concentrata sulla relazioni sociali e sul ruolo di arte come comunità, mentre la Biennale pare più rappresentativa di identità. 

Domina la pittura, soprattutto espressiva, ma sono anche presenti tanti filati e video, rare le installazioni o le sculture. 


Padiglione Centrale  - Courtesy La Biennale di  Venezia foto Matteo de Mayda

Il progetto centrale del curatore ha sicuramente due focus che hanno riscosso molto interesse, la sezione dedicata agli artisti di origine italiana, migrati per il mondo, e la presenza del progetto Disobedience Archive di Marco Scotini che da diversi anni sta realizzando.


opera Untitled (Constellation)  di Kang Seung Lee foto di Mark Blower

Fra i padiglioni nazionali quelli più stimolanti sicuramente quello degli USA che colpisce per l’intensità cromatica, poi sicuramente quello della Svizzera con l’esilarante lavoro di Divin Amore, per proseguire con quello dell’Australia dal forte impegno culturale e storico.


  Daniel Otero Torres Courtesy La Biennale di  Venezia foto Marco Zorzanello

Nel complesso si conferma il ritorno della pittura, anche se spesso pare più una forma di memoria emotiva che una ricerca pittorica significativa.

Il progetto del curatore mette in risalto una sezione del mondo che pulsa di espressione ma poco di creatività, anzi molto spesso è uno stile che si esprime in forme che sono oramai statiche, che anche se avvicinate alle culture europee non hanno prodotto particolari sviluppi.

Questa cifra etnografica evidenzia un limite espressivo che manifesta la debolezza delle forme culturali quando non si trasformano con l’evoluzione culturale ma diventano realtà “musealizzate”, in cui la tradizione diventa un limite e in fondo una forma di divisione, distanza e separazione.

Il Padiglione Italia, con l'intervento di Massimo Bartolini, si discosta da queste riflessione e riesce a creare una espressione fuori dal coro che nel suo minimalismo pare anche più intensa per forma e riflessioni.

Padiglione Arabia Saudita - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Andrea Avezzù 


Padiglione Argentina - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Andrea Avezzù 


Padiglione Benin  - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Andrea Avezzù   


Padiglione Croazia  - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Andrea Avezzù  


Padiglione  Italia - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Andrea Avezzù 


Padiglione Lettonia  - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Andrea Avezzù 



Padiglione Senegal - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Andrea Avezzù


Padiglione Turchia  - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Andrea Avezzù


Padiglione Australia - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Matteo de Mayda


Padiglione Bolivia - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Matteo de Mayda


Padiglione Egitto  - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Matteo de Mayda


Padiglione Gran Bretagna   - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Matteo de Mayda


Padiglione Venezia  - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Matteo de Mayda


Padiglione Usa  - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Matteo de Mayda


Opera di Aravani Art Project - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Andrea Avezzù 


Opera di Bouchra Khalili Courtesy La Biennale di  Venezia foto Marco Zorzanello



Opera di Lauren Halsey - Courtesy La Biennale  di  Venezia foto Marco Zorzanello




Nucleo Storico  Courtesy La Biennale di  Venezia foto Marco Zorzanello

mercoledì 24 aprile 2024

Padiglione Australia

 


Eccovi il link al sito del Padiglione che consente di conoscere molto bene questo interessante progetto artistico di Archie Moore

https://www.kithandkin.me/documentation/panoramic

sabato 20 aprile 2024

Il Monte di Pietà di Prada

Immagini di “Monte di Pietà”, un progetto di Christoph Büchel. Fondazione Prada, Venezia. Foto: Marco Cappelletti 

Oggi ha aperto al pubblico, presso la Fondazione Prada a Venezia, la mostra “Monte di Pietà”, un progetto concepito dall’artista Christoph Büchel e in corso fino al 24 novembre 2024.

A partire dalla storia stratificata del palazzo settecentesco Ca' Corner della Regina, sede del Monte di Pietà di Venezia dal 1834 al 1969 e dal 2011 spazio permanente della Fondazione, Christoph Büchel ha costruito una complessa rete di riferimenti spaziali, economici e culturali. “Monte di Pietà” è un’approfondita indagine del concetto di debito come radice della società umana e veicolo primario con cui è esercitato il potere politico e culturale. Storicamente un crocevia di commistioni e scambi commerciali e artistici, Venezia è il contesto ideale per esplorare le relazioni tra questi temi complessi e le profonde dinamiche della società contemporanea.

 “Monte di Pietà” si sviluppa come un’installazione immersiva che si articola nel palazzo di Ca’ Corner e, in particolare, nel piano terra, mezzanino e primo piano nobile. Il progetto consiste in un banco dei pegni in fallimento basato sull’aspetto originale del Monte di Pietà di Venezia. In questo contesto è esposta l’opera The Diamond Maker (2020-) che Christoph Büchel ha concepito come una valigia contenente diamanti realizzati in laboratorio. I diamanti sono il risultato di un processo fisico e simbolico di distruzione e trasformazione dell’intero corpus di opere in possesso dell’artista, comprese quelle create nel corso della sua infanzia e giovinezza così come quelle non ancora realizzate. Sono stati prodotti da ALGORDANZA AG, un’azienda globale fondata in Svizzera nel 2004 che realizza diamanti della memoria. “Monte di Pietà” incorpora nuove produzioni, riferimenti a installazioni realizzate in precedenza da Büchel, una selezione eterogenea di oggetti, opere d’arte storiche e contemporanee e documenti legati alla storia della proprietà, al credito e alla finanza, allo sviluppo di collezioni e archivi, alla creazione e al significato di ricchezza reale o artificiale.


Immagini di “Monte di Pietà”, un progetto di Christoph Büchel. Fondazione Prada, Venezia. Foto: Marco Cappelletti 

CS

Originariamente dimora dei mercanti veneziani Corner di San Cassiano, Ca’ Corner della Regina è costruitatra il 1724 e il 1728 sulle rovine del palazzo gotico in cui nel 1454nasce Caterina Cornaro, futura regina di Cipro. Nel1800, l’edificio diventaproprietàdi Papa Pio VII, che lo assegna alla Congregazione dei Padri Cavanis. Dal 1834 al 1969 il palazzo ospita il Monte di Pietà di Venezia. Nel 1975 diventasededell’Archivio Storico della Biennale di Venezia e dal 2011 è uno deglispazi espositivi permanenti della Fondazione Prada. A partire da questa storia stratificata, Christoph Büchel ha costruitouna complessarete di riferimenti spaziali, economici e culturali. “Monte di Pietà” è un’approfondita indagine del concettodi debito come radice della società umana e veicolo primario con cui è esercitatoil potere politico e culturale. Storicamenteun crocevia di commistioni e scambi commerciali e artistici, Veneziaè ilcontesto ideale peresplorarele relazioni tra questi temi complessie leprofondedinamiche dellasocietà contemporanea.“Monte diPietà” si sviluppa come un’installazione immersiva che si articola nel palazzo di Ca’ Corner e, in particolare, nel piano terra, mezzanino e primo piano nobile. 

Il progetto consiste in un banco dei pegni in fallimento basato sull’aspetto originale del Monte di Pietàdi Venezia. In questo contesto è esposta l’opera The Diamond Maker (2020-) che Christoph Büchel ha concepito comeuna valigia contenente diamanti realizzati in laboratorio. I diamanti sono ilrisultato di un processo fisico e simbolico di distruzione e trasformazione dell’intero corpus di opere in possesso dell’artista, comprese quelle create nel corso della sua infanzia e giovinezza così comequelle non ancora realizzate. Sono stati prodotti da ALGORDANZAAG, un’azienda globale fondata in Svizzera nel 2004 che realizza diamanti della memoria. “Monte diPietà” incorpora nuove produzioni, riferimenti ainstallazioni realizzate in precedenzada Büchel, una selezione eterogenea di oggetti, opere d’arte storiche e contemporaneee documenti legati alla storia della proprietà, al credito e alla finanza, allo sviluppo di collezioni e archivi, alla creazione e al significato di ricchezza reale o artificiale. “Monte di Pietà” attraversa i confini indefiniti tra la dimensione fisicae virtuale della nostra contemporaneità.Grazie all’attività online di una granfluencere l’attivazione di una criptovaluta, il progetto indaga l’immaterialità e la volatilitàdelle transazioni finanziarie nella sfera digitale che, in un processo quasi alchemico, bruciano la ricchezza per produrre nuovo valore. I meccanismi speculativi tipici delle criptovalute sono modificatia favore delle persone nate o residenti nel Comune di Venezia. Questotoken, chiamato Schei e promosso su TikTok dalla granfluencer Regina de schei, punta quindi a generarenuovo profitto e a distribuirlo agli abitanti di Venezia.

Immagini di “Monte di Pietà”, un progetto di Christoph Büchel. Fondazione Prada, Venezia. Foto: Marco Cappelletti 

Nate in Italia nel XV secolo, le istituzioni cattoliche chiamate Monti di Pietà consentivano ai meno abbientidi accedere a prestiti a basso tasso di interesse. Utilizzavano i fondi di donatori caritatevoli come capitale e concedevano prestiti a persone con reddito modesto. I debitori offrivano oggetti di valore come garanzia, rendendo il Monte di Pietà un’organizzazione al confine tra un banco dei pegni e una banca. Ogni oggetto portava con sé una storia personale, un debito e un credito, un tasso di interesse e un prezzo di vendita nel caso in cui il debitore non fosse tornato a pagare il credito e gli interessi entroun determinato periodo. Dopo diversi tentativi falliti tra il XVI e il XVIII secolo, nel 1806 fu istituito a Venezia il Banco Pignoratizio Comunale. Nel 1822 fu creata la Cassa di Venezia, una banca locale aperta al pubblico. Associata al Banco Pignoratizio, poteva finanziare operazioni di prestito su pegno attraverso la raccolta di risparmi. Nel 1834 l’Istituto prese il nome di Monte di Pietà di Venezia e la sua sede fu trasferitanel prestigioso palazzodi Ca’ Corner della Regina. Nella storia occidentale, il debito, il denaro virtuale e la nascita della moneta sono intrinsecamente legati alla gestione del potere che permette l’espansione e l’accumulazione. Il debito ha sempre svolto un ruolo essenziale negli sconvolgimenti sociali e politici e nel corso della storia i governi hanno messo in atto a più ripresecancellazioni del debito, spesso per ripristinare l’ordine socialepreesistente. Nello specifico, la Repubblica di Venezia era uno stato mercantile che ha contribuito alla nascita dei moderni mercati finanziari basati sul debito e sul riconoscimento giuridico della proprietà intellettuale. Il debito è inoltre strettamente legato alle pratiche di stoccaggio e accumulo di benimateriali e immateriali. Il sistema dell’arte e le istituzioni museali svolgonoun ruolo significativo nel preservare patrimoni e collezioni e nell’assegnare un valore simbolico ed economico a beni e oggetti. 

mercoledì 17 aprile 2024

When Solidarity Is Not a Metaphor


Adelita Husni-Bey,  Encounters on Pain 2016 - 2022. Image courtesy of the artist.


 When Solidarity Is Not a Metaphor exhibition opens in Venice, propelled by a daring programme of participatory convenings and performances

Created by Alserkal Initiatives in partnership with Cité internationale des arts and in collaboration with Lightbox, When Solidarity Is Not a Metaphor opens today and runs until 21 April 2024 at My Art Guides Venice Meeting Point, Navy Officers’ Club, Arsenale, Venice. 

Curated by Nataša Petrešin-Bachelez, Arts and Culture Programme Manager at Cité internationale des arts, the exhibition and its integrated programme challenge the understanding of ‘solidarity’ as merely an object of theorising and discourse. When Solidarity Is Not a Metaphor features thirteen artists and eleven programme contributors from more than a dozen countries including Sudan, Palestine, Myanmar, Ukraine, Guadeloupe, and Cameroon.

When Solidarity Is Not a Metaphor is driven by a programme of direct, non-mediated participatory experiences, unrehearsed ‘heart-to-heart’ conversations between practitioners, and site-specific performances.

Saul Williams and Anisia Uzeyman, from New York and Paris by way of Rwanda, respectively, have created Charging Station, a public space in which direct messages are shared in-person, as a communal initiation to resistance. Charging Station ignites debate every day from 18 to 20 April, beginning at 15.00. 

Sandi Hilal and Alessandro Petti, whose work as DAAR (Decolonizing Architecture Art Research) unpacks how politics are channelled through pedagogy and the built environment, propose direct conviviality and sociability in Join For Coffee: We Need to Talk. In this intervention, taking place every morning from16 to 18 April (09.00 to 11.00) on the ‘fondamente’ in front of the Navy Officers’ Club, the artists invite passers-by to share their coffee ritual and talk about Palestine.  



Dima Srouji, Revolutionary Enclosures Until the Apricots (2023), image courtesy of the artist



Paula Valero Comin, Manifestation Végétale and Resistant Herbarium Rosa Luxemburg, 2022. image courtesy of the artist



Museum of Breath collaborator Olivier Marboeuf, La Mémoire des hauts-fonds. Image courtesy of the artist 

Care threads throughout the exhibition and the programme, notably in Adelita Husni-Bey’s work Encounters On Pain which is both installation and intervention. On 16, 18 and 19 April (10.00 to 12.00), the artist will receive individual guests in a therapy chamber in the Club, to discuss their experiences with emotional and physical injury, mapping out pain points on medical paper. 

Archival research intersects with electronic music in Maya al-Khaldi and Sarouna’s Other World, an album produced by the all-women-led Tawleef. The artist duo have unpicked the Palestinian archive of musical heritage from the Popular Art Centre in Ramallah, folding the traditional melodies, instrumentation, and lyrics into contemporary soundscapes. Al-Khaldi’s haunting vocals and Sarouna’s innovative qanun harmonies chart unexplored musical territories. The artists perform on 17 April at 16.00 in the garden of the Navy Officers’ Club. 
 
Cameroonian artist and choreographer Zora Snake presents L’Opéra du villageois, an acerbic performance on the great debate surrounding the restitution of objects. A theatre piece re-imagined for the space around the Navy Officers’ Club, L’Opéra—rich in effects like the flag and tomb of the European Union and a gold-and-salt ritual—critiques the historical plunder of resources and the silent, enforced submission of colonised peoples. L’Opéra will be performed on 17 April at 14.00

Heart-to heart-conversations offer a genuine, unscripted exchange on what deeply matters to artists at a given moment. These quick, unmoderated often visceral sessions emanate from a space in which artists can listen and respond, building an engaging and reciprocal dynamic. The first conversation, on 17 April at 15.00, features Elena Sorokina and Magdi Masaraa, members of the Paris-based Initiative for Practices and Visions of Radical Care, speaking to artist Saad Eltinay.

Later, on 19 April at 17.00, artist Rehaf Al Batniji is in conversation with Bani Khoshnoudi.                   
Commenting on the curation of the programme and exhibition, curator Nataša Petrešin-Bachelez, Arts and Culture Programme Manager at Cité internationale des arts, remarked: “I conceive of exhibitions as spaces where the ‘distribution of sensible’ takes place. According to Jacques Rancière, any distribution of sensible in a given public or private space sets the divisions between what is visible and invisible, sayable and unsayable, audible and inaudible. Thus, this exhibition intends to be a sensible political constellation of positions that form visual, performative, discursive, and aural alliances in a kind of interdependence.”

Vilma Jurkute, Executive Director of Alserkal Initiatives, said: “When Solidarity is Not a Metaphor is a collective attempt grounded in the cognitive generosity of our partner institutions and a global civic network of multi-disciplinary practitioners. In light of the ongoing injustices in Palestine, Sudan, Ukraine, and other parts of the world, it feels imperative for us at Alserkal to embody the spirit of lived practice and extend our platform to the Venice Biennial. By working with artists whose practices are embedded in the ethics of care, we hope to encourage whole-thinking structures and shared moments of intention to emerge.”

The exhibition runs from 16 to 21 April 2024, and will be open from 09.00 to 20.00 daily. 
 
Featured artists include Majd Abdel Hamid, Yana Bachynska, Rehaf Al Batniji, Saad Eltinay, D Harding, Adelita Husni-Bey, Nge Lay, Museum of Breath, Koushna Navabi, Shada Safadi, Dima Srouji and Jasbir Puar, and Paula Valero Comín. Programme contributions by DAAR - Sandi Hilal and Alessandro Petti, Initiative for Practices and Visions of Radical Care (Bani Khoshnoudi, Magdi Masaraa, Elena Sorokina), Maya Al-Khaldi and Sarouna, R22 Tout-Monde, Zora Snake, Saul Williams and Anisia Uzeyman.

Padiglione di Israele chiuso

 


L'artista Ruth Patir con i curatori della mostra del Padiglione di Israele hanno deciso di chiudere il padiglione fino a quando non sarà cessato il fuoco e gli ostaggi saranno liberati.

domenica 14 aprile 2024

La storia della Biennale di Venezia

 


Presso il Cinema Monviso di Cuneo si svolgerà, il prossimo 15 Aprile alle ore 15,30, la conferenza per l'UNI3 di Cuneo sul tema della Biennale di Arti Visive di Venezia. 

Relatore dell'incontro sarà l'operatore artistico Domenico Olivero che racconterà la storia passata e prensente dell’evento più importante nel mondo dell’arte contemporanea. 

Venezia è il luogo di confronto del fare artistico a cui tantissime nazioni aderiscono e che quest’anno vedrà la partecipazione di oltre novanta nazioni. Si tratta di un evento che è diventato un modello culturale copiato in tutto il mondo.

L’incontro si svilupperà nel racconto della storia della Biennale con un focus sull’edizione che si aprirà il prossimo 20 aprile a Venezia.

L'ingresso è riservato agli iscritti dell'UNI3 di Cuneo, per informazioni visitare il sito  https://www.unitrecuneo.it/ 


venerdì 12 aprile 2024

From Caspian to Pink Planet: I Am Here,

Vusala Agharaziyeva, Pink Planet, 2023-2024, Acrilico / tela, acrylic/canvas, 130 x130 cm. Photo by Nigar Rzayeva.
 Image courtesy of Vusala Agharaziyeva


Il Padiglione dell’Azerbaigian presenta, in occasione della sua partecipazione alla 60. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia, From Caspian to Pink Planet: I Am Here, realizzato dalla Fondazione Heydar Aliyev e aperto al pubblico dal 20 aprile al 24 novembre 2024.

 L’esposizione, a cura di Luca Beatrice e Amina Melikova, trae ispirazione dal tema proposto da Adriano Pedrosa, direttore della 60. Esposizione Internazionale d’Arte- La Biennale di Venezia, per esplorare i diversi significati dell’espressione “Stranieri ovunque/Foreigners anywhere”, interpretati da tre artisti: Vusala Agharaziyeva, Rashad Alakbarov e Irina Eldarova.

 La mostra From Caspian to Pink Planet: I Am Here presenta una risposta unica a “Stranieri Ovunque/Foreigners Everywhere”. Il suo ottimismo risiede nella tesi che una persona può essere presente ovunque - fisicamente e/o mentalmente. Anche come straniero, il potere dell'immaginazione e dell'empatia permette di dominare (o di stabilirsi) in un ambiente sconosciuto e di mettervi radici.

 Le opere esposte esplorano metaforicamente i legami profondi e resistenti tra gli individui e i loro ambienti. Ciascuna opera, insieme alla varietà di media utilizzati per trasmetterne i concetti artistici, è direttamente collegata al tema generale della Biennale ed è allo stesso tempo una vivida illustrazione dei tratti distintivi della società dell'Azerbaigian.

 Spiega Luca Beatrice, co-curatore del Padiglione: “È bastata una veloce visita a Baku per capire l’effervescenza culturale e artistica di questo antico Paese, dove l’architettura contemporanea dialoga con la storia, la tecnologia e l’industria compiono rapidissime accelerazioni e l’arte diventa lo specchio più fedele di questo atteggiamento proiettato verso il futuro”. La mostra ha un titolo intrigante: From Caspian To Pink Planet: I Am Here - un compendio dei titoli delle opere presentate dai tre artisti. C’è il mare locale che si rifornisce di petrolio, una visione filosofica del pianeta, Hollywood, come l'Oriente che incontra l'Occidente, ma, in risposta a Foreigners Everywhere, sopraggiunge l'affermazione definitiva I Am Here.

 Spiega Amina Melikova, co-curatrice del Padiglione: "I tre artisti rappresentati quest'anno nel Padiglione dell'Azerbaigian appartengono a generazioni diverse e utilizzano mezzi espressivi e tecniche differenti.  Tuttavia, le loro opere selezionate per l'esposizione alla Biennale toccano, in un modo o nell'altro, situazioni che intrecciano realtà e fantasia in cui un individuo deve superare l'alienazione e raggiungere un senso di appartenenza all'interno dello spazio osservato/immaginato".

 Inserendosi nel solco tracciato dai curatori, gli artisti hanno ideato e proposto una selezione di opere concepite per invitare il pubblico ad addentrarsi in una delle tematiche culturali e sociali più urgenti del nostro tempo.

 Il progetto di Vusala Agharaziyeva, Pink Planet,  immagina uno scenario fantascientifico, facendo riferimento alle illustrazioni apparse nelle opere di letteratura futuristica degli anni Cinquanta e Sessanta. Interpretati attraverso una varietà di media, tra cui la pittura, la scultura e le installazioni digitali, i viaggi che hanno plasmato il suo background sono una costante nella narrazione dell'artista, che fa eco alla sensazione di sentirsi estranei alla propria esistenza, qui intravista nell'atto di sbarcare in surreali paesaggi extraterrestri intrisi di vivaci sfumature di rosa.

 Rashad Alakbarov  espone nel padiglione un'opera di grandi dimensioni, l'installazione I Am Here. Tra le pareti bianche asettiche di una moderna città labirintica, l'artista ricrea l'atmosfera opprimente delle traiettorie anguste e predeterminate del nostro movimento nello spazio vitale, movimento scandito dal ritmo delle strutture in cui siamo costretti a inserirci. Tuttavia, c'è una via d'uscita: il punto è trovare l'angolo da cui l'imperativo è visibile nello specchio (nel senso diretto e figurato della parola) - Io sono qui.

Irina Eldarova  afferma che le donne sono fondamentalmente straniere. Si sposano, si trasferiscono dalla casa dei genitori, a volte persino dal loro Paese.

Questa serie racconta l'incontro e l'amore non realistico e fittizio tra due eroi mitizzati dai mass media negli anni '60 e '70 - un tipico lavoratore maschile dei giacimenti petroliferi offshore del Mar Caspio e l'idolo di Hollywood Marilyn Monroe. L'apparizione di uno straniero nella scenografia di una quotidianità industriale già romanzata crea un intrigo semantico particolare.

In questa storia, lo scenario più improbabile è quello dell'incontro tra un simbolo pop e un comune petroliere di Baku. L'effimero femminile e il duro lavoro brutale. Due stranieri provenienti da due mondi lontani. Una combinazione di due miti, audaci nel concetto e nella realizzazione - i luminosi ideali del comunismo e il sogno americano - l'aria di irrealtà, come la vive chi si trova in un ambiente sconosciuto. Qui solo la gentilezza e l'attenzione danno la forza di diventare se stessi in un luogo nuovo che un giorno diventa casa.


From Caspian To Pink Planet: I Am Here

Artisti: Vusala Agharaziyeva, Rashad Alakbarov e Irina Eldarova

 a cura di Luca Beatrice e Amina Melikova

 20 aprile - 24 novembre 2024

Arsenale, Campo della Tana, Castello 2126/A - 30122 Venezia

Inaugurazione ufficiale: giovedì 18 aprile 2024, dalle ore 12.00