Il lavoro di Massimiliano Gioni proposto alla Biennale di Venezia è un tentativo di fuga (ma forse anche di ghettizzazione) di una creatività che voleva stare fuori e che si ritrova (malgrado) all’interno di un sistema di ordine e di gestione.
La fuga potrebbe essere letta come speranza di libertà ma c’è il rischio che scappando si arrivi all’appuntamento di Samarcanda.
Il materiale è sicuramente molto interessante, in certi casi emozionante.
Forse il sistema di fruizione complesso (come tutti questi “mega” eventi) è corrosivo, ma lo sappiamo e attiviamo quella serenità consapevole che rilassa il godimento.
Su questo forse si poteva agire con una maggiore delicatezza di allestimento con un tentativo di pacatezza e profondità, che in generale aleggia, ma non si stabilizza.
Nel complesso la varietà di percorsi è uno stimolo che ognuno di noi deve accogliere nell’accezione di riconsiderazione di valori, senza però cadere nel “buonismo/pietismo”, vivere ogni opera come un’incontro (anche incomprensibile) di seg(ni)menti di vita.
C’è la lama che questa rivalutazione del “marginalizzato” rischia di promuovere chi non lo è ma produce identici (se non peggiori) manufatti.
Nel complesso una discreta mostra, che sicuramente soddisferà i tanti palati articolati dell’arte, forse non sazierà ma può dare consolazione.
Andateci e fateci avere i vostri commenti.
Roberto Cuoghi
Paweł Althamer
Robert Crumb
Shinichi Sawada
Otto Piene
Da Equilibriarte.net 29/05/13
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