Facciamo ora un giro nei
Padiglioni della Biennale nei giardini.
Iniziamo da quelli che più
affascinano come la Romania con l’intervento di Belu-Simion Fainaru, Dan Mihaltianu e Miklós Onucsán, e l’Olanda con Remy Jungerman e Iris Kensmil, se poi una certa
monotonia di video affossa un poco tutti i luoghi, come sempre non penso che la
proiezione di un video sia la cosa più interessante da proporre in questi spazi
così ampi e fruibili per altri interventi più coraggiosi.
Esempio evidente col
Padiglione Francia che propone la modaiola Laure Prouvost che nel complesso
piacevole allestimento perde completamento senso nelle immagini sconclusionate
del finto giovanilista video, venti minuti privi di atmosfera ma ricchi di
banalità, forse se era su youtube si risparmiava l’inutile coda.
Molto deluso dal progetto
del Canada che anziché cogliere l’occasione di parlare dell’arte inuit ci
annoia con la solita filippica simil-buonista datata 1961, a quale pro? Tanto
oggi stiamo sfruttando/distruggendo tante altre culture per cui almeno essere
realistici e attuali, facile parlare del lontano passato.
Interessanti quelli del
Cile sul maschilismo o le centinaia di forme naturalistiche di Zahrah Al
Ghamdi, per il Padiglione Arabia Saudita, validi quelli della Cina, il Ghana,
Giappone e Albania.
Elegante il Padiglione USA
con le opere di Martin Puryear.
continua --> 27/05/2019
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